Lotta

La Valbormida in difesa del San Giuseppe: “No alla privatizzazione, sì allo status di ospedale di area disagiata” fotogallery

Oggi il distretto socio sanitario delle Bormide ha discusso la proposta di legge popolare per il riconoscimento dello status avanzata da Fulvio Briano

Cairo Montenotte. Una proposta di legge di iniziativa popolare per fare in modo che il San Giuseppe di Cairo Montenotte ottenga il riconoscimento di ospedale di area disagiata. E’ questo l’argomento al centro della riunione dei sindaci del distretto socio-sanitario delle Bormide di questa sera a Cairo Montenotte. Alla riunione erano presenti undici tra sindaci e amministratori del distretto valbormidese, composto in totale da 19 Comuni.

La proposta è stata lanciata dal primo cittadino cairese Fulvio Briano alla fine dello scorso anno e ora sarà portata all’attenzione dei consigli comunali di almeno dieci Comuni facenti parte il distretto socio-sanitario.

Spiega Briano: “Con questa iniziativa, che sto portando avanti da alcune settimane, intendiamo anche contrastare il progetto di privatizzazione del nostro ospedale a cui sta lavorando la Regione e che è venuto alla luce sui media in questi giorni. E’ un’ipotesi a cui noi ci opponiamo con forza”.

Eppure la Regione pare avere intenzioni serie: secondo quanto spiegato dallo stesso governatore Giovanni Toti, la sua amministrazione avrebbe intenzione di privatizzare almeno il 15 per cento del servizio sanitario ligure. Per quanto riguarda il savonese, dovrebbero finire in mano a gestori non pubblici sia il San Giuseppe di Cairo che il Santa Maria di Misericordia di Albenga.

La Valbormida in difesa del San Giuseppe

“Se la Regione intende procedere con la privatizzazione della sanità e in particolare del nostro ospedale – annuncia Briano – lo farà avendo contro il territorio valbormidese e col parere contrario dei sindaci della Valle (almeno quelli che aderiranno alla nostra iniziativa). Si tratta di un percorso che la Regione porta avant in autonomia, senza ascoltare il territorio e contro la volontà dei valbormidesi”.

A dicembre, il direttore generale dell’Asl2 savonese Eugenio Porfido aveva “tirato le orecchie” ai sindaci del ponente savonese (particolarmente a quelli di Albenga e Pietra Ligure) che si erano detti pronti a mettersi sulle barricate per difendere lo status di Dea di 2^ livello del Santa Corona, che pareva destinato ad essere “ceduto” al San Paolo di Savona.

Secondo Porfido, ragionare per campanili è sbagliato: “Due o quattro ospedali nel futuro? Di fatto sono già due, perché l’organizzazione dell’azienda prevede un unico presidio articolato su due stabilimenti sia a Pietra/Albenga che a Savona/Cairo. Ai sindaci non credo vada spiegato, lo sanno. E tra l’altro è scritto nel piano di organizzazione dell’azienda, fatto prima che arrivassi io”.

“Il sistema sanitario valbormidese oggi è inefficiente – sottolinea Briano – Porfido lo sa bene. L’ospedale di Cairo è stato ridotto alle macerie e questa è una situazione inaccettabile. Il Dg non deve giocare al gioco delle tre carte. Noi ci opponiamo a questo disegno della sanità ligure e alla conduzione dell’Asl2 che il direttore pensa di attuare. Questo è il nostro percorso politico e amministrativo. Al San Giuseppe ci sono cose che funzionano bene e cose che potrebbero funzionare molto meglio. Oggi non è un ospedale in sicurezza”.

La Valbormida in difesa del San Giuseppe

Per tutti questi motivi, il sindaco cairese ha deciso di convocare l’assemblea dei sindaci del distretto socio sanitario delle Bormide per sottoporre ai miei colleghi una proposta di legge di iniziativa popolare per ottenere il riconoscimento di ospedale di area disagiata: “Tale proposta, che è un istituto legislativo con cui i cittadini possono presentare al parlamento (se si tratta di legge nazionale) o a un’amministrazione locale (in questo caso la Regione) un progetto di legge che dovrà essere discusso e votato, per essere valida dovrà essere approvata almeno da dieci consigli comunali oppure sottoscritta da almeno cinquemila firme”.

I lavoratori non nascondono la loro preoccupazione: “La privatizzazione ci fa paura, perché non ci è stato spiegato in cosa consisterà. Per il territorio di Cairo non serve un piccolo ospedale solo con alcuni servizi ma un ospedale a 360 gradi che offra una risposta concreta alle emergenze. Un ospedale privato non può dare tutto questo”.

I dipendenti sono orgogliosi del loro ospedale, ma ne riconoscono i limiti e i margini di miglioramento: “Siamo un ospedale che lavora, abbiamo una medicina, una riabilitazione, una dialisi, un punto di primo intervento, radiologia e laboratorio analisi. E’ ridimensionato ma per quelle che sono le sue attività lavora bene. Per essere ancora più efficace al San Giuseppe di Cairo servirebbe uno sguardo maggiormente orientato verso l’emergenza, avremmo bisogno di una macchina del 118 per coprire tutto il territorio. Poi bisognerebbe ampliare i servizi che ci sono. Specie dal punto di vista degli ambulatori e dell’assistenza domiciliare e ai malati terminali. Il nostro è un territorio con tanti anziani. E’ qualcosa che ci era stato promesso un anno fa ma che ancora non abbiamo visto”.

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