Caso chiuso

Perse il bimbo dopo l’amniocentesi, inchiesta archiviata: nessuna responsabilità dei medici

Per la tragedia erano stati indagati i quattro medici del San Paolo che avevano seguito la paziente

Savona -  Ospedale San Paolo

Savona. Non ci sono responsabilità da parte dei medici nella tragedia che, lo scorso febbraio, aveva colpito una quarantunenne cairese, S.N., che a causa di una serie di complicazioni sorte dopo l’amniocentesi aveva perso il bambino ed era stata sottoposta ad un intervento di asportazione dell’utero.

Nei giorni scorsi il gip ha infatti accolto la richiesta di archiviazione avanzata dal pm Chiara Venturi nei confronti di quattro medici (il ginecologo che ha effettuato l’amniocentesi e i tre colleghi che avevano visitato e operato la paziente all’ospedale savonese) che inizialmente erano finiti sul registro degli indagati con le accuse di aborto e lesioni colpose.

La svolta era arrivata nel luglio scorso quando in Procura era stato depositato l’esito “dell’accertamento tecnico non ripetibile” (una consulenza medico legale mirata ad accertare la causa dei problemi che avevano colpito la paziente dopo l’amniocentesi) richiesta dal pubblico ministero.

La consulenza (effettuata dai medici Fulcheri e Scaglione) aveva confermato che il feto sarebbe morto per un’infezione, ma hanno chiarito che quel genere di complicanza sarebbe “normale” per l’amniocentesi. Anche le successive terapie sono state giudicate corrette e anzi “sarebbero state determinanti per salavare la vita della paziente”.

Di conseguenza il pm Venturi aveva deciso di chiedere l’archiviazione per i quattro medici del San Paolo che ora è stata firmata dal gip del tribunale di Savona. Ad avviare l’inchiesta era stato l’esposto presentato dalla famiglia della quarantunenne, assistita dagli avvocati Amedeo Caratti e Massimo Badella, che avevano chiesto semplicemente di fare chiarezza su quanto accaduto.

Il dramma era iniziato il 24 febbraio scorso quando la donna era stata sottoposta all’amniocentesi e dopo l’esame, che sembrava essere andato bene, era tornata a casa. Qualche ora dopo la quarantunenne aveva iniziato a non stare bene e, vista la febbre alta, il giorno dopo era tornata al San Paolo. Le sue condizioni erano precipitate nel giro di poco e i medici l’avevano ricoverata d’urgenza sottoponendola, il 27, all’intervento di raschiamento del feto durante il quale le avevano poi asportato anche l’utero ritenuto “compromesso” dall’infezione.

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