"il ritorno"

Intestazioni fittizie di beni, slitta a marzo l’udienza preliminari per Fameli e Domenicale fotogallery

Il giudice ha rinviato ogni decisione a causa di alcuni difetti di notifica

Savona. Slitta al prossimo marzo, a causa di un difetto di notifica, la decisione sui rinvii a giudizio chiesti dal pm Ubaldo Pelosi nei confronti di Antonio Fameli, 77 anni, Fabio Domenicale, di 46, e Noemi Fugassa, finiti nei guai nel maggio scorso nell’ambito di un’indagine intorno ad un presunto giro di intestazioni fittizie di beni.

L’operazione era stata battezzata “Il ritorno” dai carabinieri del Nucleo Operativo Provinciale di Savona. Fameli e Domenicale, entrambi residenti a Loano, sono accusati di attribuzione fittizia di titolarità o disponibilità di somme di denaro (articolo 12 quinquies della legge 356/92) e, solo il primo, anche di omessa comunicazione, essendo sottoposto a misura di prevenzione patrimoniale, della disponibilità di denaro (articolo 76 c. 7 D.lvo 159/11) e per impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articolo 648 ter).

L’indagine su Fameli si era concretizzata attraverso pedinamenti ed intercettazioni. Monitorandolo i carabinieri avevano scoperto una serie di operazioni sospette legate all’intestazione fittizia di beni e al “lavaggio” di denaro attraverso la Banca d’Italia.

Uno degli immobili che secondo gli inquirenti era stato acquistato da Fameli attraverso un prestanome, Noemi Fugassa appunto, è il chiosco “Loano Beach” sul lungomare loanese, ma l’attenzione del faccendiere sarebbe stata anche su un complesso immobiliare della Riviera.

Per quanto riguarda il filone dei contanti “ripuliti”, secondo i militari, da gennaio a maggio Fameli aveva depositato circa 115 mila euro in contanti e altri 13 mila sono stati sequestrati durante uno degli ultimi tentativi di effettuare il cambio.

Il sistema usato per il “lavaggio” dei contanti sarebbe stato semplice: attraverso dei collaboratori, tra cui anche lo stesso Domenicale, ingenti somme di denaro in banconote da 500 euro volutamente rovinate venivano portate negli sportelli della Banca d’Italia per essere cambiate. Così facendo, secondo gli inquirenti, il contante tornava “pulito” nella disponibilità di Fameli.

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