Truffa

Clienti pagano migliaia di euro per pratiche che non vanno a buon fine: commercialista savonese condannato insieme al socio

Nei guai sono finiti il ragionier Giacomo Magnatta ed il suo collaboratore Silvio Alessandro Silverio: a denunciarli tre clienti del professionista

Tribunale

Savona. Si è chiuso con una doppia condanna il processo per truffa che vedeva imputati un ragioniere commercialista savonese, Giacomo Magnatta, 55 anni, e Silvio Alessandro Silverio, all’epoca dei fatti contestati suo socio in una società di consulenza, la “New Consulting Srl”. Entrambi, ieri mattina, sono stati condannati ad un anno e sei mesi di reclusione e 500 euro di multa (il giudice ha concesso la sospensione condizionale solo al professionista).

I fatti finiti al centro del processo risalivano al periodo tra gennaio 2010 e aprile 2011. Secondo l’accusa, il ragionier Magnatta aveva presentato a Silverio due suoi clienti, i titolari di una società che si occupava di vendita di moto e un privato cittadino. Ai primi Silverio avrebbe prospettato la possibilità di ottenere un finanziamento da un milione e duecentomila euro, mentre al secondo di aderire ad una sanatoria sui propri debiti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e dell’Inps.

A questo punto, come contestato dalla Procura, si sarebbe concretizzato il raggiro: i titolari della società avrebbero versato a Silverio e Magnatta, in varie tranche (con pagamenti in contanti ed assegni), un totale di trentamila euro che dovevano servire per le spese di istruttoria della pratica di finanziamento in banca. Nonostante i soldi versati però alla società non è mai stato erogato nessun mutuo.

Per quanto riguarda l’altro cliente del commercialista, R.S., secondo la tesi accusatoria, l’importo complessivo versato in contanti tra gennaio e febbraio 2011 ai due imputati era di 50 mila euro. Anche in questo caso, a fronte dell’ingente versamento, la situazione debitoria con il Fisco era rimasta tale.

Nei confronti di Silverio e Magnatta era così scattata una denuncia per truffa che, dopo un’indagine coordinata dal pm Ubaldo Pelosi, era poi sfociata nel rinvio a giudizio di entrambi. Ieri l’epilogo della vicenda con la condanna a diciotto mesi di reclusione, ma anche al pagamento di un risarcimento danni complessivo di 90 mila euro per le presunte vittime della truffa, che si sono costituite parti civili nel processo con l’assistenza dell’avvocato Roberto Incorvaia.

Una sentenza che sarà certamente impugnata in Appello come conferma il legale degli imputati, l’avvocato Vittorio Manduca: “Sono largamente sorpreso dalla pronuncia perché ritengo che non ci fossero elementi probatori che potessero comprovare le responsabilità dei miei assistiti. Da subito hanno sostenuto di non aver mai ricevuto quelle somme di denaro dalle persone offese”.

“Confidiamo di ribaltare il verdetto in Appello perché riteniamo che nessuna prova è stata fornita al tribunale e, di conseguenza, che la sentenza sia ingiusta. Attendiamo il deposito delle motivazioni (che arriverà entro 90 giorni) per capire su quali elementi si fonda la condanna” conclude l’avvocato Manduca.

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