Borghetto Santo Spirito. “Esiste un grosso traffico a livello nazionale riguardante lo smaltimento di sostanze tossico-radioattive gestito dalla ‘ndrangheta; tra la Calabria e il Nord d’Italia vi sono decine di discariche abusive, parte già individuate, che custodiscono circa settemila fusti di sostanze tossiche. Il comune di Borghetto (SV) ne ospita una di queste”.
Ecco cosa c’è scritto in un documento dei servizi segreti, redatto nel 1995 ma desecretato soltanto due anni fa. Il dossier si concentra proprio sulle indagini riguardante il traffico di rifiuti tossici e radioattivi, tra cui il contrabbando di uranio rosso, messo in atto dalle cosche calabresi negli anni ’80 e ’90: per quanto il grosso delle ricariche identificate si concentrasse proprio in Calabria, una di queste veniva collocata proprio a Borghetto Santo Spirito.
La vicenda giudiziaria, in sé, è nota da tempo: precisamente dal 1992, quando all’interno della ex cava Fazzari, appartenuta alla famiglia di Francesco Fazzari, vennero scoperti più di 12.000 fusti di rifiuti tossico-nocivi (come si classificavano allora) nascosti sotto terra. L’area in seguito è stata in larga parte bonificata, ed oggi su una porzione di essa sorge il depuratore della Servizi Ambientali S.p.A. che tratta i reflui dei comuni da Borgio Verezzi a Ceriale.
La presenza di Borghetto nei dossier dei servizi segreti, però, rappresenta una novità ed una ulteriore conferma del fatto che, almeno a quel tempo, il comune borghettino fosse il recettore terminale di attività illecite da parte della cosca Morabito. Lo hanno rivelato ieri sera Le Iene, in un servizio di Giulio Golia che sta tentando di fare luce sul mistero di Africo, un paesino calabrese nel quale le morti per tumore sono drammaticamente sopra la media, con inquietanti cincidenze come quella di 22 morti e altri 13 malati in una singola via del paese.

Nel suo servizio Golia racconta il mistero della nave Rigel, affondata nel 1987 al largo del paese. Su quell’affondamento prese il via un’indagine secondo la quale la nave era stata affondata dolosamente per nascondere un carico di rifiuti radioattivi; il titolare dell’inchiesta però, capitano De Grazia, mori nel 1995, ufficialmente per arresto cardiocircolatorio ma, secondo i sospetti ed alcune analisi, probabilmente avvelenato. Da allora al magistrato Francesco Neri, che aveva ereditato l’indagine, sarebbe stato impedito di proseguire.
Un mistero sul quale fino ad oggi nessuno ha fatto più luce. E che si unisce a quello, più generale, che per tanti anni ha celato le attività illecite della ‘ndrangheta ed i depositi di materiale tossico, spesso in siti di cui ancora oggi, come ad Africo, non si conosce l’ubicazione. E così, a trent’anni di distanza, per rifiuti simili a quelli interrati a Borghetto nel paese di Africo si muore di tumore, con una costanza ed una capillarità spaventosi.