Lettera al direttore

Cronaca

Savona, l’incendio del Costa del Sol

Era il 14 settembre del 1973, quando un brigantino, interamente di legno, un due alberi, con lo scafo a bande orizzontali bianche e nere, in avaria e con delle falle da cui imbarcava acqua, fu rimorchiato nella darsena vecchi del porto di Savona e tirato in secca nella Piazzetta di alaggio, in attesa di riparazioni urgenti, incastonato tra due palazzine di quattro piani, con gli alberi che erano allo stesso livello dei tetti.

Da quel momento per il brigantino, una nave di pregio, inizierà un percorso temporale di più di 21 anni che lo vedrà immobilizzato in quel cantiere, come la proverbiale barca nel bosco, facendolo assurgere a simbolo dell’immobilismo savonese.

Di tutto l’equipaggio rimarrà come un fedele guardiano, solo il comandante – armatore, un Greco, il Capitano Stavros Mylodanis, che con ostinazione, ma disperatamente, tenterà di far riprendere il mare alla sua nave, bloccata non solo dalle falle che ne avevano devastato lo scafo, ma anche dalle pastoie burocratiche e da furti e vandalismi che nel corso degli anni lo danneggeranno.
Mylodanis si trasferisce in un piccolo appartamento a breve distanza dalla sua nave, in compagnia di un cagnolino e non demorde dalla sua idea di volerlo rimettere in navigazione, rivolgendosi a tutti : banche, istituzioni, privati purtroppo sempre con esito negativo.

Il Costa del sol è varato nel 1908, come nave da carico, dispone di due alberi ed è lungo 35 metri fuori tutto e largo 8, con 10 uomini di equipaggio , negli anni 60 con la disponibilità di 24 posti passeggeri, dismette le rotte mercantili e inizia delle brevi crociere per diporto.
Acquistato da quello che diventerà il comandante sino all’ultimo, Mylodanis, il quale voleva adibirlo a charter. Nella rada di Nizza verrà anche adibito temporaneamente a set per qualche scena del film il Conte di Montecristo.

Attracca a Savona nel 73 con un equipaggio raccogliticcio, per iniziare dei lavori di trasformazione, ma inizia a imbarcare acqua, rischiando di affondare ed è tirato in secca.
La convivenza con la città di Savona non è facile, non tutti i residenti delle case vicine sono contenti della pluridecennale presenza di questo ingombrante vicino.

Molti si recano in comune per sollecitare lo sgombero del brigantino che non potrà più essere riparato in quanto la cooperativa calafati che si occupa delle riparazioni e manutenzioni navali è fallita, forse anche per questa presenza scomoda.

Ci furono delle aste giudiziarie in cui alcuni partecipanti tentarono di aggiudicarsi la nave per scopi diversi dalla normale navigazione : trasformarla in una discoteca galleggiante o museo della navigazione nel parco di una scuola privata, infine un ristorante di Varazze trattò per l’acquisto della nave e trasformarlo in un ristorante galleggiante. Ci fu anche il giallo sulla reale nazionalità: nonostante battesse bandiera Italiana si appurò che invece era Panamense.

Nell’autunno del 91 il 4 novembre, il vecchio comandante , dopo tante battaglie, muore per un arresto cardiaco,senza poter vedere la sua nave galleggiare che passa in eredità alla vedova e alla sorella, oltre che alla compagnia di navigazione, la Naviera Ouro Preto, anche se il defunto, pare poco prima di morire, abbia ceduto la nave ad una compagnia di navigazione francese, ma la cosa è controversa, in realtà tutti si oppongono alla sua rimozione e demolizione ma quando c’è da sborsare fior di quattrini per rimetterlo in mare, tutti si defilano.

Nel 92 il comune di Savona firma un ordine esecutivo di demolizione per motivi di incolumità pubblica, infatti alcune perizie indicano che l’alberatura è instabile, il degrado della nave è aumentato, l’assenza di custodia potrebbe permettere a qualche malintenzionato di appiccare un incendio danneggiando le case adiacenti, inoltre lo scafo è un ricettacolo di ratti e balordi.
Anche la demolizione avrebbe dei costi elevati, si parla di circa 200 milioni di vecchie lire dell’epoca.

Dopo tanti tentennamenti burocratici e tre incendi dolosi, nella notte del 13 aprile 1994, qualcuno intorno alle due del mattino, riesce ad appiccare il fuoco con criminale efficienza e un vasto incendio distrugge completamente il brigantino danneggiando in modo leggero anche le case accanto, costringendo gli abitanti ad una veloce evacuazione. Ci vogliono sei ore di duro lavoro diverse squadre dei vigili del fuoco, una autoscala e una motobarca con le lance ad acqua per spegnere l’incendio che viene spento all’alba, lasciando pochi frammenti anneriti sullo scaletto.
Dopo due decenni di stazionamento la nave va in fumo lasciando diversi strascichi: molti lamentano il fatto che le parti storiche della nave non siano state salvate per tempo e portate al museo di Pegli altri invece protestano per i pericoli che i residenti hanno dovuto correre per l’incendio che avrebbe potuto fare delle vittime e propagarsi alle case vicine. In realtà le fiamme hanno semplicemente accelerato una fine che era purtroppo già scritta.

Nel 2014 una associazione di categoria Savonese, volle commemorare a vent’anni dall’incendio il brigantino e dopo un convegno appose una targa in ceramica sulla parete di una delle case a fianco dello scaletto.

                                                                                                                                          Roberto Nicolick

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