Albenga. E’ stata fissata per il prossimo 2 febbraio, davanti al giudice Francesco Meloni, l’udienza preliminare relativa all’inchiesta sulla truffa intorno alle adozioni internazionali sull’asse Italia-Kirghizistan.
Il sostituto procuratore Daniela Pischetola, alla fine dello scorso febbraio, aveva chiesto il rinvio a giudizio per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe nei confronti dei responsabili e referenti di una onlus, l’“Associazione Airone”, che operava dal 1991 ed aveva sede ad Albenga e filiali anche in altre zone d’Italia: ad Azzano San Paolo (in provincia di Bergamo), ma anche a Pisa e Roma.
Si tratta dell’allora presidente dell’associazione Silvia La Scala, 69 anni, di una collaboratrice della onlus, Inna Troukhan, 47 anni, che operava da Bergamo, e dei due referenti esteri di “Airone”, Alexander Angelidi, di 52 anni, e Venera Zakirova, 48 anni, entrambi di nazionalità kirghisa (sul registro degli indagati era finita anche una quinta persona, il vicepresidente della Onlus Orietta Maini, che nel frattempo è morta e di conseguenza la sua posizione è stata stralciata).
I quattro imputati dovranno rispondere dell’accusa di aver truffato almeno ventuno coppie italiane che, attraverso la onlus “Airone” (inizialmente regolarmente autorizzata ad operare nel settore dalla Cai, la Commissione per le Adozioni Internazionali), avevano avviato l’iter per l’adozione internazionale di bimbi in Kirghizistan. Il pm Pischetola ha contestato agli indagati nelle ventisette pagine di imputazione anche l’aggravante della “minorata difesa” delle persone offese (avrebbero approfittato del loro forte desiderio di genitorialità) e del reato “transnazionale”.
Secondo l’ipotesi degli inquirenti, i vertici dell’associazione “Airone” indirizzavano le coppie italiane verso il Kirghizistan con la promessa che l’iter per l’adozione sarebbe stato facile e veloce rispetto ad altri paesi stranieri. Proprio per questo motivo, sempre per quanto accertato dalla Procura, nel 2012 l’associazione aveva avviato la procedura per ottenere l’accreditamento ad operare nel paese asiatico insieme ad altri due enti, la “Bambarco” e la “Primogenita” (che non sono coinvolti nell’inchiesta). In quella fase però sarebbero comparse diverse problematiche tanto che le altre due associazioni, anche alla luce delle preoccupazioni del Cai, avevano deciso di fare un passo indietro e di non portare avanti gli iter per le adozioni in Kirghizistan.
“Airone” invece non aveva fatto nessuna retromarcia: al contrario avrebbe rassicurato le coppie e anche la Commissione Adozioni Internazionali sulla regolarità delle pratiche. In realtà – questa la tesi del pm Pischetola – i bimbi che erano stati associati alle famiglie italiane non erano adottabili e, in alcuni casi, erano già stati associati a coppie statunitensi. Gli aspiranti genitori che si erano affidati alla onlus albenganese, ignari delle problematiche, continuavano però a versare ingenti somme di denaro all’associazione: gli investigatori hanno stimato che per ogni pratica siano stati pagati almeno diecimila euro, tra bonifici e trasferimenti di denaro attraverso il sistema “Western Union”, senza contare le spese di viaggio verso il Kirghizistan.
Per una decina di coppie infatti, tra maggio e luglio 2012, “Airone” ha organizzato diversi viaggi nel paese asiatico dove grazie ai referenti esteri, Angelidi e Zakirova, gli aspiranti genitori prendevano contatto coi bambini e, in apparenza, svolgevano pratiche connesse all’iter di adozione. L’ipotesi degli inquirenti infatti è che gli incontri tra le coppie italiane con fantomatici giudici locali fossero solo delle messe in scena organizzate ad arte per nascondere il fatto che gli iter per le adozioni non progredivano.
Nel 2013, all’ennesima richiesta di denaro da parte della onlus una coppia di Pisa, ormai esasperata, aveva deciso di denunciare quello che stava succedendo. Poco dopo erano arrivate denunce dello stesso tenore anche a Roma e a Bergamo. Nel frattempo in Kirghizistan era esploso uno scandalo legato proprio alle adozioni internazionali che aveva portato all’arresto del ministro dello Sviluppo sociale, Ravshan Sabirovla. Fatti in seguito ai quali la Commissione Adozioni Internazionali aveva anche avviato un accertamento interno che, nell’ottobre 2013, aveva portato all’espulsione dell’associazione “Airone” dell’albo delle associazioni accreditate ad operare nelle pratiche adottive.
Dal punto di vista giudiziario, visto che la sede dell’associazione “Airone” risultava essere ad Albenga, per competenza, i fascicoli sono finiti tutti a Savona. In quel momento è iniziata la complessa indagine coordinata dal pm Pischetola che ha visto impegnati i poliziotti della squadra mobile savonese. Gli inquirenti hanno ascoltato le diverse coppie, sparse sul territorio nazionale e coinvolte nell’affaire “Airone”, ma hanno anche raccolto prove documentali sull’attività della onlus in Kirghizistan (per farlo è stata necessaria la collaborazione dell’ambasciatore italiano in Kazakistan visto che non esiste un’ambasciata sul territorio kirghiso).
Una volta messi insieme i diversi elementi, il pm non ha avuto dubbi nel contestare il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa per i responsabili dell’associazione Airone ed i loro collaboratori. Adesso, a distanza di un anno dalla richiesta di rinvio a giudizio, nel prossimo febbraio si celebrerà l’udienza preliminare.