Albenga. Il 28 luglio del 2015 la filiale di Albenga della Banca di Alba in via Mazzini era stata rapinata intorno all’orario di chiusura. Questa mattina, per quell’episodio, tre persone sono state condannate in udienza preliminare in tribunale a Savona. Si tratta di Ivano Rigobello, 49 anni, Mario Pappalardo, di 44, e Alan Bozzoni, di 33.
Rigobello e Pappalardo, che nel novembre 2015 erano stati arrestati in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per la rapina di Albenga, sono stati condannati a tre anni e otto mesi e tremila euro di multa, mentre Bozzoni, che era stato indagato a piede libero in un secondo momento, è stato condannato a due anni e 8 mesi e duemila euro di multa. Tutti e tre sono stati giudicati dal giudice Francesco Meloni con il rito abbreviato.
Ad incastrare i banditi erano stati i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Savona, coordinati dal pm Chiara Venturi, che al termine di una complessa indagine erano riusciti a dare un volto agli autori della rapina ad Albenga. E così erano scatatte le misura cautelari emesse nei confronti di Ivano Rigobello e Mario Pappalardo (che dovranno rispondere delle altre rapina davanti al tribunale di Piacenza), ma anche di altre due persone, Francesco Del Gaudio e Angelo Pappalardo, che, secondo gli inquirenti, erano i loro complici ed insieme a loro avevano partecipato ad una una serie di colpi in tutto il nord-ovest italiano, a Piacenza, Certosa di Pavia e soprattutto in provincia di Brescia.
A tradire i banditi era stato l’accento lombardo e la coppola che indossavano ogni volta che entravano in banca per fare una rapina. I militari erano riusciti ad identificarli partendo dalla banca dati dell’Arma cercando, a partire dal 2007, proprio rapine compiute da soggetti con lo stesso modus operandi. E così era saltato fuori un colpo con queste caratteristiche realizzato nel 2008, per il quale erano già finiti in manette due dei componenti dell’attuale banda.
Secondo gli inquirenti, i rapinatori prima di entrare in azione “studiavano” le banche: prima di accedere ad un istituto di credito i rapinatori facevano una serie di sopralluoghi per valutare l’afflusso di clienti ed il numero di impiegati. Durante il colpo due dei malviventi entravano nella filiale, indossando guanti, una coppola e rimanendo a capo chino per coprire il volto; a quel punto invitavano uno o più dipendenti ad allontanarsi dalle postazioni lavoro e, preferibilmente, li chiudevano in un unico locale per poi portare via i contanti.
I rapinatori non agivano mai con armi vere (anche se i militari ne hanno sequestrata una giocattolo), ma usavano un taser, un dispositivo che attraverso una scossa elettrica può “stordire” la persona colpita.
Sono almeno una decina i colpi contestati ai quattro componenti della banda: nove le rapine andate a segno, e tre quelle tentate. Tra la fine del 2013 e l’estate del 2015 i militari hanno stimato un bottino di oltre 320.000, di cui 32.450 nel colpo ingauno. “Vittima” preferita dai rapinatori la Banca di Credito Cooperativo del Garda, ma altri colpi sono stati messi a segno in filiali di Banca Carisbo Piacenza, Cariparma e Banco Popolare di Lodi: il colpo più grosso lo scorso 17 marzo a Calcinato (BS), presso al Banca di Credito Cooperativo dei Colli Morenici, dove i rapinatori hanno portato via 123.420 euro.