Domande

La crisi di Tirreno Power va in parlamento: Sel Arturo Scotto presenta un’interrogazione

E' indirizzata al ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti e al ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda

striscione tirreno power

Vado Ligure. La vertenza di Tirreno Power sbarca alla Camera dei Deputati. Ieri il capogruppo di Sel Arturo Scotto ha presentato al ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti e al ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda una interrogazione a risposta scritta riguardante la situazione dei lavoratori dell’azienda con sede anche a Vado Ligure.

“Tirreno Power è una delle maggiori società di produzione di energia elettrica presenti in Italia, proprietaria di vari impianti di produzione di diversa tipologia presenti nella Liguria, Lazio e Campania – si legge nel documento – Tutti gli impianti termoelettrici (Ccgt) sono alimentati a gas naturale (metano) con una potenza installata di 2400 megawatt, i due gruppi a carbone con una potenza installata di 660 megawatt sono stati dichiarati chiusi da Tirreno Power nel giugno 2016. Inoltre, c’è un polo di energie alternative, composto di piccoli impianti idroelettrici di poco più di 70 megawatt ubicati nelle regioni Liguria, Piemonte e Emilia Romagna”.

“Tirreno Power nasce nell’anno 1999 a seguito della liberalizzazione del mercato elettrico italiano mediante conferimento di una parte degli impianti di produzione di Enel all’epoca monopolista del mercato elettrico. Nasce come generation company 3 denominata prima Interpower e oggi Tirreno Power. Dal 1999 questa ‘Genco’ è rimasta esclusivamente produttrice di energia elettrica, a differenza delle Genco 1 e 2 poi acquisite da altri gruppi multi utility nel panorama del mercato energetico nazionale. Dopo varie vicissitudini azionarie, oggi Tirreno Power ha sempre avuto come azionisti di riferimento le due società: Engie ex ‘Gas de France’ e Sorgenia anche loro produttori di energia elettrica e non solo”.

“Nel 2013 Tirreno Power informa i sindacati nazionali di categoria della difficoltà nel continuare a onorare il proprio debito e della richiesta dalle banche creditrici di rientrare del medesimo, esploso a 830 milioni di euro; pervengono da parte aziendale voci su un’apertura di mobilità per 199 unità; in questo clima di gravi difficoltà, sia di assetto azionario che di bilancio, nel marzo del 2014, per decisione della magistratura savonese sono chiusi mediante sequestro i due gruppi a carbone della centrale di Vado Ligure; il solo personale addetto a questi impianti inizia un percorso di cassa integrazione”.

“Tirreno Power ricorre contro la decisione di chiusura dei due gruppi a carbone. Nel giugno 2014 presenta un piano ‘Lacrime e Sangue’ di licenziamenti per 315 unità su un totale di 520 dipendenti. Grazie all’intervento del Ministero dello sviluppo economico, delle forze politiche locali e nazionali e delle organizzazioni sindacali, con l’accordo del 7 luglio 2014 firmato tra i sindacati Filctem Cgil, Flaei-Cisl e Uiltec-Uil e Tirreno Power, viene annullata la procedura di licenziamenti obbligatori. Tale accordo conteneva un piano di licenziamenti volontari e incentivati per 111 dipendenti arrivati poi a 133 unità e la gestione degli ulteriori esuberi annunciati mediante l’utilizzo dei contratti di solidarietà tra tutti i lavoratori per almeno due anni da ottobre 2014 al 2016 eventualmente rinnovabili. Gli accordi sopra annunciati hanno contribuito ad acquisire nel novembre 2015 l’omologa del debito sottoposto a ex articolo 182-bis (ristrutturazione del debito) contratto con le banche finanziatrici e Tirreno Power”.

“Nel giugno 2016 Tirreno Power annuncia la rinuncia alla produzione di energia elettrica con il carbone disponendo la chiusura dei due impianti a carbone di Vado Ligure. A seguito di tale decisione l’azienda dichiara, di avere 186 esuberi su una forza ad oggi di solo 384 dipendenti, indicando il numero dei dipendenti a tendere a sole 196 unità su tutto il territorio nazionale. Il 7 settembre 2016 Tirreno Power apre la procedura di licenziamenti collettivi per 186 dipendenti”.

“La procedura così come aperta riguarda lavoratori di età media di 45 anni con punte di 60 e quindi non ancora in possesso dei requisiti contributivi per la pensione, situazione che lascia prevedere nell’immediato forti problematiche per i lavoratori, per le famiglie e per i territori di appartenenza già gravemente colpiti dalla problematica occupazionale. Nei mesi di luglio e agosto 2016, il ministero dello sviluppo economico ha convocato Tirreno Power e le regioni in cui ricadono i siti produttivi principali e le organizzazioni sindacali nazionali di categoria, per avere un quadro più dettagliato su quali fossero le reali iniziative messe in campo dall’azienda per il ricollocamento degli esuberi dichiarati. In questi due incontri l’azienda ha presentato un piano industriale insufficiente per il ricollocamento di questi esuberi; in particolare, non ha mai definito un piano industriale per gli impianti di Civitavecchia, Napoli Levante e Vado Ligure”.

“Le organizzazioni sindacali nazionali hanno messo in campo tre scioperi nazionali con il blocco della produzione di energia in tutti gli impianti Tirreno Power, dichiarandosi contrarie a ulteriori tagli di personale per le implicazioni sociali e industriali. Il processo di riduzione già fatto negli anni sul personale, parte da 1105 agli attuali 384 lavoratori rischia di pregiudicare il normale esercizio degli impianti. Sempre le organizzazioni sindacali hanno incontrato gli azionisti di riferimento Engie e Sorgenia chiedendo loro atti di responsabilità per risolvere le problematiche occupazionali della loro controllata, ricevendo però solo buone intenzioni ma nessun atto formale sulla questione. Da 18 mesi la produzione di energia elettrica con i cicli combinati sta portando significativi e importanti introiti nelle casse della società, rispetto ad un periodo precedente (2014) sicuramente debole sul fronte della produzione di energia”.

Terminato l’excursus, Scotto ha chiesto al Governo “se non ritenga opportuno intervenire verso la Tirreno Power e i suoi azionisti di riferimento convocandoli, per avere risposte concrete per il mantenimento occupazionale nei siti produttivi sul territorio nazionale e la ricerca di soluzioni meno traumatiche; se non ritenga necessario chiarire la situazione di Tirreno Power nel panorama del settore elettrico, come unico e solo produttore di energia elettrica, mentre i suoi azionisti di riferimento e competitor, sono aziende multi utility che hanno la possibilità al loro interno, di gestire esuberi venutesi a creare nelle proprie controllate”.

E ancora, “se il Governo non ritenga necessario adoperarsi affinché vi sia un’analisi profonda sulla genesi del debito di Tirreno Power e di come il medesimo si è determinato a fronte degli eccezionali guadagni ricevuti in un oltre un decennio come primario produttore di energia elettrica, in quanto, in questa vertenza, il debito elevatissimo contratto in passato da Tirreno Power, è il fattore principale che ha determinato il problema occupazionale dei lavoratori oggi purtroppo ritenuti esuberi; se il Governo non ritenga di chiedere alla Tirreno Power dettagli sul suo futuro industriale come esclusivo produttore di energia elettrica, privo del settore di vendita sul mercato libero e di come intenda affrontare il mercato elettrico con una organizzazione del lavoro ridotto al minimo, così leggera che si rischia di mettere in pericolo non solo la sicurezza impiantistica ma anche quella dei lavoratori impiegati”.

“Se il Governo non ritenga necessario fare una riflessione sul fallimento totale della privatizzazione e liberalizzazione del mercato elettrico e in particolare di questa Genco 3, denominata prima Interpower e poi Tirreno Power che, lasciata volutamente dagli azionisti di riferimento come solo produttore di energia elettrica, lascia pensare all’uso improprio di risorse pubbliche per la gestione degli esuberi annunciati, il tutto secondo l’interrogante per ridurre il costo degli attuali occupati, di fatto rendendo Tirreno Power appetibile per l’acquisizione da parte degli attuali azionisti di riferimento o di altri soggetti presenti sul mercato elettrico nazionale o internazionale”.

“Se il Governo non ritenga necessario approfondire gli aspetti legati alla volontà annunciata nel piano presentato da Tirreno Power il 7 settembre 2016 per l’apertura di licenziamenti collettivi ad avviso dell’interrogante, in cui l’azienda espelle lavoratori elettrici con specializzazioni ben precise ed esperienza impiantistiche consolidate nel tempo, sostituendoli con personale esterno proveniente da ditte terze, ad avviso dell’interrogante con il solo intento di abbassare il costo del lavoro negli impianti a cui il piano aziendale fa riferimento, tutto ciò sempre con risorse pubbliche”.

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