Il retroscena

Il prete ubriaco e in mutande “graziato” dal vescovo Guglielmo Borghetti

Nessun provvedimento, almeno per ora, è stato deciso per il sacerdote protagonista di una notte movimentata nella sua abitazione ad Imperia

prete

Albenga. Un incontro chiarificatore col vescovo coadiutore Guglielmo Borghetti e un saluto al vescovo Mario Oliveri in Curia. Un faccia a faccia, anche piuttosto imbarazzante, ma doveroso, per spiegare come sono andati i fatti e cercare di sgomberare ogni dubbio dopo il clamore suscitato dalla notizia che ha agitato il sonno di piú di una persona nella diocesi di Albenga e Imperia.

Il sacerdote imperiese, finito al centro della tempesta mediatica per aver ospitato un immigrato clandestino e un educatore nella sua abitazione, è tornato in parrocchia a celebrare messa. Lo aveva fatto anche alle sette e mezza alle Clarisse il giorno dopo la nottata movimentata dentro le mura domestiche.

Nei suoi confronti non è stato preso alcun provvedimento da parte della Curia. È passata insomma la linea morbida. Ma non vi sono state conseguenze neppure giudiziarie, almeno per ora, visto che lo stesso prete aveva “denunciato” alle autoritá competenti, giusto qualche mese fa, la presenza in casa di un trentunenne senegalese clandestino che aveva conosciuto durante un viaggio pellegrinaggio a Roma. “Aveva perso il lavoro dopo che la fabbrica di Teramo aveva chiuso i battenti. Ho cercato di aiutarlo dopo essere finito in mezzo ad una strada“, ha raccontato il sacerdote al vescovo. Nessuna denuncia per favoreggiamento, almeno per ora, ma la volontà di aiutare un ragazzo che, dopo molte peripezie, era riuscito ad ottenere un passaporto dal consolato senegalese e ad essere un po’ meno “fantasma” nel nostro paese.

E la nottata movimentata trascorsa nella sua casa di Imperia di mercoledì scorso? Il prete ha raccontato ogni aspetto della vicenda durante il colloquio in Curia e ai tanti parrocchiani piú preoccupati per il suo stato di salute che per le voci circolate sull‘incontro notturno a casa sua. “Quella sera ero stato a cena a Sanremo con altri responsabili di una cooperativa che si occupa di profughi, avevo mangiato e bevuto, forse un po’ troppo. Tornato a casa ho bevuto ancora una birra. Quella mi ha fatto male”. Ammette di aver esagerato.

L’immigrato senegalese in mutande che si era chiuso dietro le spalle la porta di casa del prete? “E’ andata così: lui era sceso in strada in attesa dei soccorritori perchè si era preoccupato per il mio stato di salute. Ho continuato a vomitare, ma è pur vero che non avevo bisogno dell’ambulanza tant’é che ho rifiutato il ricovero e firmato anche un documento sotto gli occhi del medico. E poi non era proprio il caso di scomodare per una schiocchezza del genere il personale sanitario”, ha precisato il sacerdote finito, suo malgrado, nell’occhio del ciclone.

E quella notte in casa sua c’era anche un educatore, non un immigrato, ma un italiano che dormiva in un’altra stanza. Si sarebbe svegliato solo dopo aver visto arrivare sotto casa ambulanza e vigili del fuoco. In tutta questa storia resta il fatto che il “don” ha deciso di ospitare un clandestino in casa, con precedenti sulle spalle, e giá colpito da un provvedimento di espulsione dall’Italia. Fatto di cui tuttavia sarebbe stata a conoscenza anche l’autoritá giudiziaria avvertita dallo stesso sacerdote di Imperia. Il prete si era anche prodigato, con le autoritá consolari, a fargli avere un passaporto ottenendo un status di persona riconosciuta dal suo Paese d‘origine e un po’ meno fantasma. Tuttavia lo stesso senegalese, che per l’Italia era un irregolare, è stato denunciato per non aver ottemperato ad un decreto di espulsione. Ne ha ricevuto quindi un secondo dopo essere stato identificato dai carabinieri e segnalato in questura.

Il prete, invece, è finito in purgatorio. La Curia non si sbottona. Nessun provvedimento è stato adottato nei suoi confronti. È pur vero che, nello stile di monsignor Borghetti, molte decisioni vengono assunte a mente fredda lontane dai riflettori mediatici come è stato per don Chizzolini il parroco che non benedì la salma di una donna musulmana morta tragicamente ad Arnasco e trasferito quattro mesi dopo a Verzi di Loano. O ancora per don Francesco Zappella che ha dovuto fare le valigie e lasciare Borghetto dopo un’indagine della procura. O come don Carmelo Licciardello che da Ceriale è finito a Dolcedo, addirittura fuori provincia, indagato per aver prosciugato il conto corrente ad una pensionata, almeno questa è l’ipotesi di reato. L’elenco è piuttosto lungo e riguarda sempre la Diocesi di Albenga e Imperia che il Papa ha deciso di fatto di commissariare da piú di un anno.

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