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Mioglia, 20enne ai domiciliari per rapina “beccato” con la droga in casa: va in carcere

Il ragazzo ha diversi precedenti: a febbraio era stato arrestato per lesioni e danneggiamenti, ad aprile aveva picchiato e derubato un marocchino

cairo carabinieri

Mioglia. I carabinieri di Pontinvrea hanno portato in carcere un 20enne di origini inglesi residente a Mioglia, in seguito ad un ordine di carcerazione emesso giovedì per detenzione di stupefacenti.

Il giovane infatti si trovava già agli arresti domiciliari in seguito ad una rapina messa a segno ad aprile ad Albenga: nel corso di alcuni controlli i militari valbormidesi hanno riscontrato alcune violazioni agli obblighi, ossia proprio la presenza di droga nell’abitazione.

Per questo il giovane era stato denunciato, e giovedì è arrivata la revoca degli arresti domiciliari. Il ragazzo è stato dunque prelevato dai militari e portato nel carcere di Marassi.

Il 20enne non è purtroppo nuovo alle forze dell’ordine: a fine aprile appunto si era reso protagonista di una rapina, insieme a un coetaneo albanese, ai danni di un giovane marocchino di Albenga: i due lo avevano aggredito, picchiato e derubato di due smartphone. Soltanto tre giorni prima invece il duo si era reso protagonista del furto di una bici in via Paleocapa a Savona: erano riusciti a rubare la bici, del valore di circa 500 euro, ma erano stati fermati dall’arrivo della pattuglia.

Andando ancora più indietro, a febbraio il giovane era finito a giudizio per un episodio risalente al 20 settembre scorso quando, secondo la ricostruzione della polizia, in pieno centro a Savona aveva sputato in faccia al gestore della libreria “Libraccio” e lo aveva colpito con un espositore del negozio, poi aveva picchiato un passante di origine bengalese in piazza Sisto, minacciato una ragazza che lo voleva difendere e, per finire, aveva scalciato anche contro due poliziotti intervenuti per fermarlo. Il ragazzo era quindi finito in manette per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, minacce, oltraggio e danneggiamenti. Processato, il perito incaricato di valutare il giovane aveva confermato la sua incapacità di intendere e volere, ma anche la sua pericolosità sociale. Motivo per cui il giudice, nonostante la sentenza di assoluzione, aveva imposto all’imputato la misura di sicurezza della libertà vigilata per un anno con l’obbligo di frequentare una comunità terapeutica.

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