Vado Ligure. Disastro colposo sanitario e ambientale. È questo il reato per il quale, almeno per ora, l’inchiesta sulla centrale Tirreno Power di Vado Ligure è arrivata ad una conclusione. Questa mattina dalla Procura di Savona per 27 persone, tutte legate all’azienda, è infatti partito il secondo avviso di conclusione delle indagini preliminari relativo a questa vicenda.
La prima cosa che salta all’occhio è che nel nuovo impianto accusatorio, quello alaborato dai sostituti procuratori Daniela Pischetola e Vincenzo Carusi (coordinati dal nuovo procuratore Sandro Ausiello), che hanno raccolto la pesante eredità dell’ex Procuratore Francantonio Granero e Chiara Maria Paolucci, non è più contestata l’ipotesi dolosa, ma solo quella colposa. Tra l’altro nella lista dei 27 nomi non ci sono più, come in precedenza, quelli dei “politici”, ovvero gli amministratori locali e i tecnici (nello specifico Gareri, Isetta, Ferrando, Giacobbe e Caviglia, Burlando, Fusco, Barbagallo, Berlangieri, Boitano, Briano, Cascino, Guccinelli, Montaldo, Paita, Rambaudi, Rossetti, Vesco, Minervini, Vacca, Gareri, Correggiari, Grillo, Mazzoni, Tafaro, Di Giovanni, Bevilacqua, Badalato, Sandro Berruti, Genta, Croce, Falappa e Castelgrande) che erano accusati in concorso di cooperazione in disastro colposo sanitario. Come confermato dagli inquirenti, per loro, è stata infatti richiesta l’archiviazione.
Le persone ancora indagate sono:
Giovanni Gosio, direttore generale di Tirreno Power dal 1/7/2003 al 12/2/2014;
Massimo Orlandi, presidente del Cda in diversi periodi nonché membro del Comitato di Gestione dal 2008 al 2013;
Mario Molinari, Andrea Mezzogori, Jacques Hugé, Denis Lohest, Adolfo Spaziani, Jean-Francois Louis Yves Carriere, Pietro Musolesi, Domenico Carra e Luigi Castellaro, tutti quanti consiglieri d’amministrazione e, per i primi sei, membri del Comitato di Gestione, in periodi differenti nel corso degli anni 2000;
Mario Franco Leone, presidente del Cda dal 24/3/2010 al 24/3/2011 e dal 20/1/2014;
Olivier Pierre Dominique Jacquier, Giovanni Chiura, Aldo Chiarini, Pascal Renaud, Agostino Scornajenchi, Giuseppe Gatti, Alberto Bigi, Charles Jean Hertoghe e Luca Camerano, tutti quanti consiglieri d’amministrazione e membri del Comitato di Gestione negli ultimi anni;
Pasquale D’Elia, Capo Centrale dal dicembre 2005 al 28/5/2014;
Ugo Mattoni, direttore della Direzione Energy Management dal 14/9/2004 al 2014;
Maurizio Prelati, direttore della Direzione Produzione dal 9/12/2008 al 2014;
Guido Guelfi, direttore della Direzione Ingegneria, acquisti e ICT dal 4/9/2004 al 2014;
Andrea De Vito, direttore della Direzione Amministrazione Finanza Controllo dal 12/11/2007 al 2014;
Claudio Ravetta, direttore Produzione dal 14/9/2004 all’8/12/2008 e vice direttore generale dal 15/12/2008.
Per tutti l’accusa è di aver violato (per “imprudenza”, “negligenza”, “imperizia”) specifiche disposizioni di legge nel gestire la centrale. In particolare, seocndo la Procrua, l’attività dell’impianto vadese, veniva portata avanti “omettendo l’adozione di tutte le cautele gestionali ed impiantistiche” rese possibili dalle moderne tecnologie e “non ottemperando” oppure “ottemperando parzialmente o tardivamente” alle prescrizioni imposte dai provvedimenti autorizzativi.
Secondo i pm, inoltre, i dirigenti non avrebbero adottato modalità di gestione della centrale “tali da garantire un miglioramento delle prestazioni ambientali” pur avendo “la possibilità economica, in virtù di ingenti profitti, riferibili alla sola centrale di Vado Ligure, che avevano condotto a d una distribuzione di utili ai soci per diverse centinaia di milioni di euro” dal 2006 al 2009.
Infine ai 27 indagati viene contestato il fatto di non aver rispettato il cronoprogramma previsto dall’AIA dopo averla ottenuta il 14/12/2012: una negligenza che, insieme alle altre, avrebbe portato ad una flessione delle prestazioni ambientali dell’impianto “cagionando, con pericolo per la pubblica incolumità, nelle aree di ricaduta della centrale e per cause attribuibili alle emissioni, come conseguenza rappresentabile e prevedibile, anche se non voluta, un disastro ambientale e sanitario”.
Confrontando il “nuovo” fine indagine con il vecchio restano fuori alcuni reati, l’ipotesi di omicidio colposo plurimo in primis. Su questa ipotesi accusatoria infatti i sostituti Pischetola e Carusi hanno scelto di procedere, di fatto, con una nuova indagine (essendo già stata chiusa da chi li ha preceduti non era possibile procedere con un supplemento d’indagine) per verificare la possibilità di trovare il “nome e cognome” di una vittima riconducibile alla centrale Tirreno Power.
Un concetto che è stato confermato dalla Procura nel comunicato diffuso sulla vicenda Tirreno Power: “Ampliato il range d’indagine all’intero arco di tempo in cui i fatti del disastro si sono verificati, sono state emanate ulteriori deleghe d’indagine e sono in corso attività investigative volte a identificare le vittime: il che è funzionale ad accertare l’indispensabile nesso di causalità tra le emissioni dalla centrale T.P. di Vado/Quiliano e gli eventi lesivi per accertare così le responsabilità individuali e, nello stesso tempo, consentire l’esercizio pieno dei diritti di difesa agli indagati ed alle parti offese”.
Per quanto riguarda il reato di abuso d’ufficio che era contestato a ad amministratori pubblici locali, a tecnici di amministrazioni locali e a funzionari ministeriali nel capo C (per la precisione a Burlando, Fusco, Barbagallo, Berlangieri, Boitano, Briano, Cascino, Guccinelli, Montaldo, Paita, Rambaudi, Rossetti, Vesco, Minervini, Vacca, Gareri, Correggiari, Grillo, Mazzoni, Tafaro, Di Giovanni, Bevilacqua, Badalato, Sandro Berruti, Genta, Croce, Falappa e Castelgrande), i magistrati savonesi hanno richiesto l’archiviazione.
C’è poi un capo d’imputazione, sempre relativo all’accusa di abuso d’ufficio, che è stata stralciata dalla Procura di Savona e trasmessa, per competenza, alla Procura di Roma. E’ quella relativa “ad ottenere un’Aia ‘addomesticata'” che riguarda Burlando, Barbagallo, Boitano, Cascino, Guccinelli, Montaldo, Paita, Rambaudi, Rossetti, Matteo Rossi, Vesco, Berlangieri, Minervini, Vaccarezza, Santi, Vacca, Andrea Berruti, Revetria, Gareri, Giuliano, Falco, Oliveri, Verdino, Ennio Rossi, Alberto Ferrando, Giusto, Rognoni, Lavarelli, Giuria, Grillo e Salvi. Per loro toccherà alla Procura di Roma decidere se sussiste o meno l’ipotesi di reato relativa alla conclusione dell’iter procedimentale amministrativo – cui si riferiscono i diversi pareri e valutazioni oggetto d’indagine emessi, anche collegialmente, da amministratori locali, tecnici di amministrazioni locali e da funzionari ministeriali -, sfociato nel rilascio dell’AIA con D.M. n. 323 del 31/12/2014 che si ritiene oggetto di abuso.