Circonvenzione d'incapace

Raggirarono anziana per vendere a 820 mila euro un piano del Comune di Finale: condannati

Nei guai la badante della signora e il procuratore speciale che aveva gestito l'operazione immobiliare: dovranno risarcire gli eredi

comune finale

Finale L. Una badante infedele, una procura speciale illegittima, un immobile di prestigio – per la precisione il piano nobile del palazzo comunale di Finale – venduto per 820 mila euro e i soldi che in pochi mesi spariscono dal conto della proprietaria. Sono questi, in sintesi, i tasselli che compongono un caso di circonvenzione d’incapace che, questa mattina, si è chiuso con una doppia condanna a tre anni di reclusione in tribunale a Savona.

A giudizio c’erano Marina Ottonello, finalese di 55 anni, la badante della signora T.R., scomparsa nell’ottobre del 2009, e l’immobiliarista Enrico Genovese, 56 anni, di Vado Ligure, che aveva ottenuto dall’anziana la procura speciale per la vendita della porzione del palazzo comunale. Secondo la Procura, i due hanno approfittato della patologia della signora T.R., vedova ed erede di una nota famiglia di Finale, che era affetta da una forma di depressione maggiore. Una patologia che, secondo la perizia del tribunale, la rendeva “fragile e facilmente influenzabile” e, di conseguenza, raggirabile.

Di qui la condanna per Ottonello e Genovese ai quali è stato contestato di aver raggirato la signora per riuscire a mettere le mani sul suo patrimonio. L’indagine aveva mosso i primi passi dopo la morte di T.R. nell’ottobre 2009: il fratello della donna (anch’esso deceduto nel frattempo) aveva scoperto della vendita al Comune di Finale di parte del palazzo civico e si era insospettito per l’assenza del ricavato sul conto corrente della zia. Gli accertamenti avevano confermato che gli 820 mila euro erano spariti e che, tra l’altro, gli ultimi 92 mila euro presenti sul conto della vittima erano stati prelevati dalla badante proprio nel giorno della morte dell’anziana.

Nel corso del processo, nel quale i nipoti della vittima erano parte civile, Marina Ottonello si è difesa ed ha respinto le accuse spiegando di aver agito così alla luce del forte legame affettivo che la legava a T.R., che considerava come una madre. Genovese, da parte sua, ha spiegato di essersi limitato a svolgere un “incarico professionale”, ovvero la vendita della porzione del palazzo comunale. Tesi che non sono state accolte dal giudice che ha ritenuto di condannarli entrambi (sono stati assolti “ne bis in idem” in relazione alla vendita di un secondo immobile perché la contestazione doveva essere stralciata in quanto dichiarata prescritta già in udienza preliminare).

I due imputati, difesi dall’avvocato Vernazza, sono anche stati condannati al risarcimento degli eredi della signora (il danno dovrà essere quantificato in sede civile) e il giudice ha disposto una provvisionale da 20 mila euro per ciascuno dei nipoti (che erano assistiti dagli avvocati Contestabile e Calcaterra).

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