Genova. C’è la parola fine sul processo per l’omicidio di Roberto Siri, l’artigiano edile di Cengio ucciso a calci all’alba del 2 febbraio 2008 nel parcheggio davanti all’ospedale di Cairo. La condanna a 24 anni di reclusione per l’albanese Arjan Quku infatti è diventata definitiva.
A deciderlo è stata la prima sezione penale della Corte di Cassazione che questa mattina ha confermato la sentenza che era stata pronunciata dalla Corte d’Assise d’Appello di Genova.
La Suprema Corte ha respinto tutte le contestazioni della difesa di Quku, rappresentata dall’avvocato Antonio Genovese, che aveva impugnato la sentenza di secondo grado contestando diversi aspetti tra cui l’imputazione di omicidio volontario anziché di omicidio preterintenzionale, il fatto di non essere stato giudicato con il rito abbreviato – che permette di ottenere uno sconto di un terzo della pena – perché condannato in primo grado da latitante e la sussitenza delle aggravanti della minorata difesa e della crudeltà. Sull’ultimo aspetto, tra l’altro, il legale di Quku aveva fatto riferimento alle sentenze di condanna per Alberto Stasi e Salvatore Parolisi, emesse proprio dalla prima sezione penale della Cassazione, nelle quali veniva esclusa l’aggravante della crudeltà (che viene applicata quando l’omicida si accanisce più del necessario rispetto a quello che servirebbe per uccidere). Nonostante la produzione documentale, i giudici hanno comunque respinto tutti i motivi di impugnazione.
“Siamo molto soddisfatti per l’esito del processo” confermano i legali di parte civile, gli avvocati Amedeo Caratti e Massimo Badella, che aggiungono: “Tutte le argomentazioni portate avanti come parti civili sono state accolte, mentre i motivi di ricorso dell’imputato sono stati respinti. Non ci sono state quindi riduzioni di sanzione né la necessità di ripetere il processo con un giudizio abbraviato. Confidavamo in questo esito soprattutto per i nostri assistiti (i famigliari della vittima) che vedono finalmente giustizia fatta per il loro caro”.
La sentenza di terzo grado ricalca quindi quella della Corte d’Assise d’Appello di Genova che aveva ridotto la pena inflitta in primo grado a Quku, l’ergastolo, concedendo all’imputato le attenuanti generiche alla luce delle sue ammissioni in aula circa il suo coinvolgimento nel pestaggio.
Dopo l’omicidio, Arjan Quku era riuscito a scappare facendo perdere le tracce. Il suo arresto risale al febbraio del 2013: la gendarmeria francese lo aveva fermato a Chambery per un controllo e, dopo una serie di accertamenti, grazie alle impronte era emerso che il suo nome era collegato ad un mandato di cattura internazionale per omicidio.
Per il delitto Siri, oltre a Quku, erano stati condannati, sempre in terzo grado, a 21 anni e 2 mesi Samuel Costa (che avrebbe preso parte al pestaggio) e rispettivamente a 16 e 12 anni di reclusione Orges Goxhaj e Ervin Zela, questi ultimi due accusati di concorso anomalo nel delitto: non presero parte al pestaggio, ma avrebbero dato ausilio ai propositi omicidi di Quku.