Nessuna condanna

Condannati per la morte di un operaio alle Funivie: sentenza ribaltata in Appello

Il responsabile della sicurezza Bruni, il caposervizio Malfatto e il caposquadra Pellegrini sono stati assolti in secondo grado

Savona - Incidente sul lavoro funivie

Genova. E’ stata ribaltata in Corte d’Appello a Genova la sentenza del processo per la morte dell’operaio delle Funivie Giovanni Genta che, il 22 aprile del 2009, fu vittima di un tragico incidente sul lavoro. In primo grado, il 5 aprile del 2013, erano state condannate per omicidio colposo tre persone: Giancarlo Bruni, responsabile sicurezza delle Funivie, e Giorgio Malfatto, caposervizio dell’azienda, ad un anno e un mese di reclusione, mentre il caposquadra Valter Pellegrini a nove mesi di reclusione.

Un verdetto che era stato impugnato e che, nelle scorse settimane, è stato completamente ribaltato in secondo grado dove è stata pronunciata una sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto per tutti e tre gli imputati.

I giudici genovesi hanno infatti ritenuto che, seppur l’organizzazione del lavoro non fosse ottimale, alla luce delle violazioni contestate, a Bruni, Malfatto e Pellegrini potesse essere imputata solo una “mancata vigilanza”, ma non di non aver preso cautele. Visto che al momento del tragico incidente nessuno dei tre era presente in cantiere, secondo la Corte d’Appello agli imputati (assistiti dagli avvocati Mazzitelli, Scella e Piccone) non poteva essere addebitata nessuna violazione.

Quel giorno Giovanni Genta era rimasto gravemente ferito alla testa dopo una caduta di cinque metri dal tetto in lamiera di un capannone delle Funivie nella zona del porto di Savona. Nonostante la corsa in ospedale per lui non c’era stato nulla da fare. L’operaio era precipitato mentre, con due colleghi, si stava occupando della impermeabilizzazione della copertura del tetto: un intervento programmato e reso necessario dalle infiltrazioni causate dalle piogge dei mesi precedenti.

Nel corso del processo di primo grado in aula erano stati sentiti quattro colleghi dell’operaio che erano stati tutti concordi nello spiegare quali indicazioni avevano ricevuto per eseguire l’intervento di manutenzione: “Il tetto reggeva il peso, ma era pericoloso in alcune zone, dove c’erano diversi lucernai. Per questo avevamo delle tavole per coprirli e metterli in sicurezza”. Per quanto riguarda l’utilizzo di cinture di sicurezza gli operai avevano precisato che dovevano indossarle solo se lavoravano nel perimetro esterno del tetto, dove non c’erano protezioni.

Sul drammatico momento dell’incidente uno dei colleghi aveva ricordato: “Avevamo appena iniziato il lavoro, stavamo mettendo le tavole quando ho visto Giovanni fare due passi indietro e mettere il piede sul lucernaio che non ha retto il suo peso”.

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