Guerra

Quando i tedeschi massacravano i savonesi: ecco le 49 stragi che insanguinarono la provincia

L'occupazione ricostruita dall'Atlante delle Stragi Naziste: ad Albenga, Savona e Testico gli eccidi più terribili, a Pallare ucciso un bambino

Natale di Sangue

Provincia. In totale 49 stragi, nell’arco di poco più di un anno e mezzo. La prima a Varazze, l’11 settembre 1943; l’ultima a Carcare, il 24 aprile 1945. In mezzo una “scia di sangue” lungo tutta la provincia, a Savona, in Valbormida ma soprattutto ad Albenga dove gli eccidi sono stati ben 13, in gran parte alla foce nel periodo tra il dicembre ’44 e il febbraio ’45.

Sono gli episodi mappati sull’Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia, un gigantesco database di tutti gli episodi simili verificatisi a partire dall’occupazione tedesca dopo l’armistizio, fino alla liberazione da parte degli alleati. Diciannove mesi che insanguinarono tutta la nazione, ma in particolare il Nord (4465 vittime in Toscana, 4313 in Emilia Romagna, 2793 in Piemonte), mentre per ovvie ragioni il Sud, da cui iniziò l’avanzata alleata, fu risparmiato (solo 20 vittime in Calabria). In ogni caso ogni regione pagò il suo tributo di sangue: si salvò soltanto la Sardegna.

In Liguria sono state registrati in totale 850 vittime in 169 stragi, di cui 49 in provincia di Savona. La primissima fu un’esecuzione a Varazze, l’11 settembre 1943, quando Antonio Baglietto venne fucilato da militari tedeschi come atto di rappresaglia, a pochi giorni dall’armistizio firmato da Badoglio con le forze alleate. Da lì iniziò la lunga striscia di sangue: Savona, Arnasco, Castelvecchio, Cairo e così via, lungo tutta la provincia. La prima donna viene uccisa a Erli il 21 luglio 1944 (quando la famiglia Berriolo viene trucidata durante un rastrellamento), il primo bambino a Pallare il 6 agosto dello stesso anno, quando un soldato tedesco per ragioni misteriose decide di massacrare la famiglia Torterolo.

Il 28 novembre 1944 la prima esecuzione ad Albenga: la fucilazione di Gino Ferrua dà il via a tre mesi terribili, nei quali si contano in totale 13 episodi, quasi tutte fucilazioni alla Foce del Centa. 68 in totale le vittime, di cui 15 in un terribile 28 dicembre 1944 fucilate per rappresaglia a seguito dell’uccisione di 3 militari tedeschi da parte delle SAP a Martinetto.

Anche Savona pagò il suo tributo di sangue. Due gli episodi più importanti: il primo, ricordato ancora oggi dai residenti come “Natale di Sangue” (nella foto la targa commemorativa), fu l’esecuzione il 27 dicembre 1943 di 7 italiani come rappresaglia per un attentato alla Trattoria della Stazione, in via XX Settembre, dove una bomba uccise 6 soldati tedeschi. Ma il massacro più terribile in termini numerici avvenne tra il 4 e il 5 aprile 1945 in Valloria, quando vennero uccisi 13 prigionieri come rappresaglia per un delitto probabilmente mai avvenuto (un presunto attentato di ribelli in un’osteria, frutto in realtà probabilmente di un colpo sparato per sbaglio da un soldato tedesco ubriaco).

Poco prima della Liberazione, il 15 aprile 1945, l’eccidio in assoluto più cruento, a Testico, nel quale perdono la vita 27 persone. All’alba di domenica due colonne tedesche giungono a Ginestro, frazione di Testico, per dare inizio a un rastrellamento: i militari catturano una ventina di civili, uomini e donne sorpresi nelle loro case, e li legano con corde. Poi, proseguendo la marcia, uccidono senza apparente ragione un contadino al lavoro. Alle 8.00, arrivati nei pressi della chiesa, irrompono nell’edificio, catturano altre persone e pongono tutti gli ostaggi lungo un muro sotto la sorveglianza di un soldato. Il resto della truppa, in parte, prosegue con il rastrellamento che porterà alla cattura di altri ostaggi; in parte si dirige verso Poggio Bottaro. Intorno alle 9.00 un gruppo di partigiani, dalla vicina frazione di Santa Maria di Stellanello, spara sui tedeschi permettendo a 3 degli ostaggi di fuggire. In risposta, i tedeschi tornano verso la chiesa, si appostano presso l’osteria del paese e catturano altri 3 contadini di Torria. Infine, la colonna riparte con i prigionieri al seguito. Durante la marcia, si arresta presso la frazione Zerbini per catturare altri ostaggi. L’ultima tappa è Costa Binella ove avviene la selezione dei progionieri. Vengono rilasciati 3 giovani di Ginestro, 4 donne e 4 ragazze. Queste ultime verranno poi condotte al carcere di Imperia, sottoposte a interrogatori e paestaggi e rilasciate almeno una dozzina di giorni dopo. Restano in mano ai tedeschi 27 persone: 25 uomini e 2 donne che vengono separate dagli altri prigionieri, seviziate e uccise a colpi di baionetta. I 25 uomini, legati 2 a 2 col fil di ferro, sono falciati a colpi di mitragliatrice. Dopo il massacro, i corpi risultano irriconoscibili.

Per questi massacri nessuno verrà mai punito: in molti casi gli autori si persero nel caos storico del periodo, in altri casi furono individuati ma genericamente “indagati” dall’esercito tedesco, solo raramente venne istituita un’indagine da Procure italiane che comunque, in larga parte, si conclusero senza esito.

Il progetto è nato nel 2009, quando il governo italiano e quello della Repubblica Federale Tedesca hanno insediato una Commissione storica congiunta (composta da 5 membri tedeschi e 5 membri italiani) con il mandato di elaborare un’analisi critica della storia e dell’esperienza comune durante la seconda guerra mondiale, così da contribuire alla creazione di una nuova cultura della memoria. A seguito delle raccomandazioni avanzate dalla Commissione nel dicembre 2012 a conclusione dei suoi lavori, il Governo della Repubblica Federale Tedesca si è impegnato a finanziare una serie di iniziative tese a valorizzare la storia e la memoria dei rapporti fra i due paesi nel corso del conflitto, con l’istituzione presso il Ministero federale degli affari esteri di un “Fondo italo-tedesco per il futuro”. Rientra fra queste iniziative la presente ricerca, promossa in collaborazione dall’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (INSMLI) e dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI), che ha permesso di definire un quadro completo degli episodi di violenza contro i civili commessi dall’esercito tedesco e dai suoi alleati fascisti in Italia tra il 1943 e il 1945.

 

L’Atlante delle stragi naziste e fasciste – che raccoglie i risultati della ricerca condotta – si compone di una banca dati e dei materiali di corredo (documentari, iconografici, video) correlati agli episodi censiti, ospitati all’interno del sito web. Nella banca dati sono state catalogate e analizzate tutte le stragi e le uccisioni singole di civili e partigiani uccisi al di fuori dello scontro armato, commesse da reparti tedeschi e della Repubblica Sociale Italiana in Italia dopo l’8 settembre 1943, a partire dalle prime uccisioni nel Meridione fino alle stragi della ritirata eseguite in Piemonte, Lombardia e Trentino Alto Adige nei giorni successivi alla liberazione. L’elaborazione su base cronologica e geografica dell’insieme dei dati censiti ha consentito la definizione di una ‘cronografia della guerra nazista in Italia’, che mette in correlazione modalità, autori, tempi e luoghi della violenza contro gli inermi sul territorio nazionale.

 

L’indagine storica è stata condotta a livello locale da un gruppo di oltre 90 ricercatori, che si è avvalso – oltre che dei risultati delle precedenti stagioni di ricerca, relativi in particolare a Puglia, Campania, Toscana, Emilia Romagna e Piemonte – di tre serie di fonti comuni a livello nazionale: la banca dati degli episodi di violenza sui civili compiuti durante l’occupazione tedesca in Italia, elaborata dalla Commissione storica italo-tedesca sulla base delle relazioni dei carabinieri reperite presso l’Archivio dell’ufficio storico dello stato maggiore dell’esercito e l’Archivio storico dei carabinieri di Roma; il Registro generale delle denunce per crimini di guerra raccolte a partire dal 1945 presso la Procura Generale Militare di Roma (illegalmente archiviate nel 1960), reperito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle cause dell’occultamento dei fascicoli relativi a crimini nazifascisti (XIV Legislatura); le sentenze e i fascicoli dei procedimenti giudiziari dibattuti presso i Tribunali militari nel corso dell’ultima stagione processuale (dal 1994 ad oggi).

 

I risultati dell’indagine hanno permesso di censire oltre 5000 episodi, inseriti nella banca dati, per ognuno dei quali è stata ricostruita la dinamica degli eventi, inserita nello specifico contesto territoriale e nelle diverse fasi di guerra, e accertata l’identità delle vittime e degli esecutori (quando possibile). A partire da alcune acquisizioni storiografiche consolidate – la presenza di un sistema degli ordini che legittima la violenza sui civili; i massacri come prodotto di un’ideologia espansionistica di stampo razziale, quella nazista, che mira a destrutturare i confini geografici e la dimensione sociale dell’Europa – la ricerca ha posto in evidenza l’intreccio fra le violenze perpetrate contro la popolazione inerme e gli obiettivi che l’esercito tedesco si poneva nei diversi tempi e spazi della guerra in Italia. Fra questi, la lotta contro gruppi di resistenza armata, considerati – in particolare quelli di matrice comunista – promotori di una guerra per bande illegittima e irregolare, che non si faceva scrupolo di utilizzare quali soggetti attivi dello scontro donne e bambini; le campagne di punizione degli oppositori politici; il disegno di sfruttamento delle risorse umane ed economiche, attuato attraverso i rastrellamenti e la deportazione di civili inviati al lavoro coatto; le operazioni di ripulitura del territorio in prossimità delle linee difensive e dei percorsi della ritirata; il rapporto di collaborazione con uomini e strutture repressive e amministrative della Repubblica sociale, a volte protagonisti di una propria autonoma strategia stragista.

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