Savona. Sarà una perizia medico legale a fare chiarezza sulle cause della tragedia che, lo scorso febbraio, ha colpito una quarantunenne cairese, S.N., che a causa di una serie di complicazioni sorte dopo l’amniocentesi ha perso il bambino ed è stata sottoposta ad un intervento di asportazione dell’utero.
Il pm Chiara Venturi, titolare dell’inchiesta per omicidio colposo, ha infatti disposto un “accertamento tecnico non ripetibile” che si concretizzerà appunto in una serie di esami di natura medico legale (sui reperti conservati dopo l’intervento) mirati a chiarire la causa dei problemi che hanno colpito la paziente dopo l’amniocentesi. L’ipotesi più probabile per spiegare l’improvviso peggioramento delle condizioni della donna sembra essere imputabile ad un’infezione. L’inchiesta dovrà però chiarire se la donna possa averla contratta per una tragica fatalità o se, al contrario, possano esserci delle responsabilità.
Per il momento, come atto dovuto, quattro medici del San Paolo (quelli che hanno seguito la paziente) sono stati iscritti nel registro degli indagati e, di conseguenza, hanno potuto nominare dei consulenti di parte che affiancheranno il lavoro del perito scelto dalla Procura. La famiglia della quarantunenne, assistita dagli avvocati Amedeo Caratti, Massimo Badella e Nadia Brignone, ha invece nominato il dottor Roberto Testi. I risultati della perizia sono attesi tra 90 giorni.
L’inchiesta, che si è concretizzata anche in un sopralluogo effettuato dai carabinieri del Nas di Genova all’ospedale San Paolo, ha preso le mosse da un esposto della famiglia di S.N. e del marito che, comprensibilmente sconvolti per l’accaduto, hanno voluto capire quello che è successo. “Non c’è la volontà di puntare il dito contro nessuno, ma solo di fare chiarezza e avere risposte” avevano precisato i legali della famiglia.
Il dramma era iniziato il 24 febbraio scorso quando la donna era stata sottoposta all’amniocentesi e dopo l’esame, che sembrava essere andato bene, era tornata a casa. Qualche ora dopo la quarantunenne aveva iniziato a non stare bene e, vista la febbre alta, il giorno dopo era tornata al San Paolo. Le sue condizioni erano precipitate nel giro di poco e i medici l’avevano ricoverata d’urgenza sottoponendola, il 27, all’intervento di raschiamento del feto durante il quale le avevano poi asportato anche l’utero ritenuto “compromesso” dall’infezione.
Adesso toccherà quindi all’indagine della Procura stabilire se possano esserci delle responsabilità per quanto successo o se si sia trattato di una tragica fatalità.