Livorno. Si chiama Fausta Bonino ed è nata a Savona anche se poi, prima di trasferirsi in Toscana, è sempre stata residente a Saliceto, in provincia di Cuneo. E’ lei l’infermiera arrestata ieri con l’accusa di omicidio volontario di 13 pazienti ricoverati nell’ospedale di Piombino dove lavorava da 20 anni.
Come trapelato in un primo momento, la donna, sposata e madre di due figli, aveva quindi un legame con la città della Torretta.
Secondo l’accusa Fausta Bonino avrebbe ucciso 13 persone tra il 2014 e il 2015 attraverso un’iniezione “letale” a base di anticoagulante non prescritto nelle terapie. I carabinieri del Nas di Livorno hanno ipotizzato che l’infermiera somministrasse come
iniezione letale, non per fini terapeutici, un farmaco anticoagulante, nello specifico eparina, tanto da determinare, soprattutto in alcuni casi, una rapida, diffusa ed irreversibile emorragia con conseguente morte.
La presenza di questo farmaco è stata infatti riscontrata negli esami ematochimici effettuati sui pazienti con una concentrazione, in alcuni casi, anche 10 volte superiore rispetto a quelle compatibili con le consentite dosi terapeutiche. I pazienti deceduti, uomini e donne di età compresa fra i 61 e gli 88 anni, in molti casi avevano patologie per le quali la somministrazione dell’eparina non rientrava nelle possibili terapie.
Secondo quanto appurato dagli investigatori, dei tredici decessi, dodici sarebbero stati dovuti a scoagulazione del sangue e uno ad arresto cardiaco ma ugualmente riconducibile alla somministrazione di altro farmaco.
Dalle indagini sarebbe emerso che l’infermiera era sempre presente nei turni in cui veniva somministrata ai pazienti ‘Eparina’ o in quantità eccessive o anche senza che fosse prescritta. Le indagini hanno preso in considerazione cartelle cliniche, esami del sangue abitualmente fatti ai pazienti ricoverati nei reparti, il peggioramento delle statistiche di mortalità nell’ospedale. Tra le aggravanti che il gip di Livorno evidenzia nell’ordinanza di arresto, oltre alla crudeltà, la violazione dei doveri di chi esercita pubblico servizio e l’aver approfittato di circostanze in cui le vittime erano in
difficoltà.
I militari del Nas hanno anche specificato che dopo il trasferimento di reparto nell’ottobre 2015 dell’infermiera Fausta Bonino nel reparto dove prestava servizio si è passati dal 20% al 12% del tasso di mortalità.