Savona. Assolto perché il fatto non sussiste. E’ questa la sentenza emessa dai giudici del tribunale di Savona nei confronti di Massimiliano Casareto, l’ex responsabile della casa famiglia “La Mimosa” di Celle Ligure finito a giudizio con la grave accusa di abusi sessuali su tre ex ospiti della struttura.
A fine gennaio il Pm Chiara Venturi aveva richiesto una condanna pari a nove anni di reclusione. La richiesta del pubblico ministero è arrivata al termine di una lunga requisitoria (clicca per leggere), durata più di due ore, durante la quale il magistrato aveva ripercorso tutta la vicenda elencando tutti gli elementi che proverebbero la responsabilità dell’imputato e sottolineando l’attendibilità dei denuncianti.
“Credo non si possano valutare come fatti lievi le condotte di Casareto anche se si tratta di toccamenti, strusciamenti e baci. Non possono essere considerati lievi perché sono commessi in danno di ragazzi totalmente incapaci di reagire”, aveva precisato il pm Venturi prima di quantificare davanti al collegio l’entità della pena chiesta per l’imputato nel corso dell’udienza di circa un mese fa.
I giudici hanno deciso di “accogliere” la tesi difensiva dell’avvocato Guglielmo Gulotta che, insieme al collega Mario Scopesi, ha rappresentato Massimiliano Casareto. Nella sua arringa difensiva in occasione dell’udienza che ha preceduto la lettura della sentenza, il legale aveva cercato di scardinare la tesi dell’accusa a cominciare dalle intercettazioni ambientali: “La casa famiglia è stata monitorata con microfoni e telecamere e non è emersonulla che fosse degno di nota”.
“Si è cercato di creare la figura del mostro a 360 gradi, un cattivo a tutto tondo grazie ad una visione ‘a tunnel’ che ha esaltato tutti gli elementi che valorizzavano la tesi dell’accusa senza considerare tutto ciò che la sminuisce. Questo coinvolgendo anche la moglie, ma nessuno dei testimoni che abbiamo chiamato a deporre però ha mai visto cose strane. Invece i gesti di un padre affettuoso vengono ‘contrabbandati’ per screditarlo. Le contraddizioni sono nei racconti delle presunte vittime che dimostrano un affetto traboccante nei confronti di Casareto”.
“Tutte le cose che gettano luce negativa su Casareto sono false: tutte le accuse derivano da una deformazione di cose realmente successe come l’andare in camera dei ragazzi e fare battute che sono state raccontate con delle bugie. Credo anche che uno dei ragazzi non sia stato un modello di virtù, non voglio screditarlo, ma certo alcuni episodi che lo hanno coinvolto sono gravi. E poi ci sono troppe incongruenze: nell’imputazione si dice che Casareto ‘toccava le parti intime’, ma la vittima nella sua deposizione dice che non è ‘mai arrivato alle parti intime’. Ci sono inesattezze anche sul periodo degli abusi: i fatti si sarebbero protratti fino alla fine del 2004, ma i due fratelli sono arrivati nel 2004 nella casa famiglia e per i primi mesi non erano in camera con l’altra vittima. Quindi cosa hanno visto? Perché raccontano di aver visto Casareto entrare nella stanza del ragazzo? E poi ci sono ricordi fumosi su episodi di grande rilevanza”.
La sentenza di questa mattina, invece, ha vanificato completamente il castello accusatorio costruito dal pubblico ministero. La lettura della sentenza è stata accolta con un lungo applauso da parte del pubblico presente in aula. Casareto è scoppiato in un pianto liberatorio. Le motivazioni della sentenza saranno rese note tra 90 giorni, ma le parti civili hanno già annunciato che ricorreranno in appello.