Genova. Si svolgerà con le vecchie regole (cioè le primarie) l’elezione del nuovo segretario del Partito Democratico della Liguria, che da agosto è in mano al commissario David Ermini. La modifica dello statuto del partito che avrebbe dovuto eliminare le primarie dai congressi per l’elezione dei segretari regionali era uno dei punti all’ordine del giorno (insieme al dibattito sulle unioni civili e alla surroga di una quindicina di membri della direzione nazionale che hanno lasciato il partito) dell’assemblea nazionale che si è svolta ieri, ma alla fine della variazione non c’è traccia.
Eppure il numero due di Renzi, Lorenzo Guerini, quando a luglio arrivò all’assemblea regionale del pd, spiegò chiaramente che i congressi (oltre che in Liguria, dovranno tenersi in Veneto e in Puglia) sarebbero slittati in un periodo tra marzo e luglio perché il partito nazionale avrebbe dovuto approvare il nuovo statuto. Doveva essere portato in assemblea a fine dicembre, poi a quella di ieri. Ma niente.
Nel frattempo sulla data del congresso ligure, si sono frapposte le elezioni amministrative savonesi che si terranno a giugno, quindi prima di luglio non se ne parla. E tra il 9 e il 16 ottobre Renzi vorrebbe portare gli italiani al voto per il referendum sulla riforma costituzionale.
E la nuova assemblea nazionale del Pd non si terrà prima di luglio, avrebbe detto ieri Renzi ai suoi. Quindi le opzioni sono due: congresso a luglio con le vecchie primarie (e non con il voto dei soli iscritti al partito come vorrebbe la riforma), oppure congresso a novembre dopo il referendum: con le vecchie regole oppure con le nuove, se mai verranno portate in assemblea. Sì perché del lavoro di riforma in cui dovevano essere impegnati in prima persona il vice di Renzi Guerini e il presidente del Pd, Orfini, non c’è traccia. E a quanto pare non sarebbe stato raggiunto un accordo.
Con buona pace, maligna qualcuno, dell’anomalo boom di tessere fatte a Sarzana in un tempo record (1100 nuovi iscritti in un mese) che sarebbero state parecchio utili con il nuovo sistema di elezioni e con il rischio, concreto nonostante la ‘pace apparente’, che le primarie aperte scatenino l’ennesima guerra interna.