Quelle voci

“Furbetti” di Varazze, il mistero delle telecamere: “Le ha messe il vicesindaco”, ma erano i carabinieri

Tra le 11 persone monitorate anche tre vigili urbani e una responsabile: la prossima settimana si deciderà se indagarli o far cadere le accuse

comune municipio varazze

Varazze. Qualcuno quelle telecamere, puntate sui dispositivi di timbratura, le aveva anche viste. Una curiosa immagine ritrae alcuni dipendenti mentre tentano di seguire il cavo all’interno di un tubo per chiarire il mistero di quegli occhi indiscreti. “Chi le ha messe?”, era la domanda che circolava negli uffici comunali. Fin quando una voce ha iniziato a girare nei corridoi: “Le ha fatte piazzare il vicesindaco dagli informatici, vuole controllarci“.

Un’ipotesi che aveva scatenato più di un malumore tra gli impiegati degli uffici, che interpretavano quelle telecamere come una violazione della privacy, ed aveva suscitato anche l’interesse di alcuni esponenti delle minoranze, convinti di trovarsi davanti ad un vero e proprio reato da parte dell’amministrazione comunale. Ed invece non era stato il vice sindaco Filippo Piacentini, in un eccesso di solerzia, a sguinzagliare i dipendenti del CED: a piazzare le telecamere erano stati i Carabinieri della Compagnia di Savona, che stavano indagando in totale su 11 persone.

Quelle telecamere avevano lo scopo di accertare senza possibilità di errore gli orari di timbratura, e chi la effettuava. E tra le immagini catturate alcune sono curiose, come quella dell’impiegata che si è recata a timbrare in vestaglia per poi allontanarsi nuovamente. Le telecamere sono state in funzione per mesi anche grazie a quella “voce” che ne attribuiva la paternità al vicesindaco: impossibile sapere se sia nata spontaneamente o sia stata invece messa in giro “ad arte” per sviare le indagini, di sicuro però si è rivelata utile per permettere ai militari di continuare indisturbati il loro lavoro.

Sono state proprio quelle registrazioni, unite alla sorveglianza degli agenti in borghese, a mettere nei guai i due giardinieri Maurizio Di Leo e Augusto Tagliero e l’ex cantoniere in pensione Giuseppe Sirello, per i quali venerdì è arrivato il fine indagine. I tre presunti “assenteisti” sono accusati di truffa: otto gli episodi contestati a Di Leo e dieci a Tagliero, tutti commessi tra il 24 aprile e il 14 maggio, 17 invece quelli contestati a Sirello, tra il 7 marzo e il 22 aprile. Si allontanavano dalle loro mansioni per piccole commissioni (fare la spesa o andare in edicola), per soste al bar, in un caso per raccogliere rottami metallici dai bidoni della spazzatura.

Fatale per tutti e tre non tanto l’entità delle singole violazioni (a volte, soprattutto per Tagliero, si parla di periodi di pochi minuti) quanto la reiterazione del reato, in alcuni casi praticamente quotidiana. Al vaglio degli inquirenti anche la posizione di un collega di Sirello, che in più di un’occasione ha timbrato (sia in entrata che in uscita) il cartellino dell’ex cantoniere: rischia un’accusa per favoreggiamento.

Starà al pm Daniela Pischetola decidere in merito a lui e alle altre persone la cui condotta è stata monitorata dai carabinieri. Tra queste anche tre vigili urbani e una responsabile di servizio. Per molte di loro, se non per tutte, le accuse potrebbero cadere in considerazione della “tenuità del fatto”: per quanto a volte curiose (come l’episodio della vestaglia), le violazioni che riguardano gli altri 8 dipendenti sono in generale più sporadiche a differenza di quelle dei tre operai destinatari degli avvisi di garanzia.

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