Savona. La credibilità dei ragazzi. E’ stato questo il perno della discussione della parti civili nel processo per i presunti abusi nella casa famiglia “La Mimosa” di Celle Ligure. Il vero colpo di scena, almeno secondo i legali di Casareto, è arrivato quando si è parlato della richiesta di risarcimento danni: due vittime su tre hanno manifestato l’intenzione di donarlo, per intero o parzialmente, in beneficenza.
In particolare uno dei due fratelli, entrambi assistiti dall’avvocato Costa, ha chiesto un risarcimento di almeno 20 mila euro (con una provvisionale di diecimila) da versare interamente alla Fondazione Gaslini. L’altra presunta vittima, assistita dall’avvocato Nasuti, ha invece chiesto che metà dell’eventuale risarcimento sia donato ad un istituto o ente che si occupa di minori abbandonati dalla famiglia.
Per quanto riguarda le argomentazioni delle discussioni, l’avvocato Costa ha insistito sull’attendibilità dei suoi assistiti: “Non si sono sottratti né all’incidente probatorio né dal venire a testimoniare. C’è una certa ambiguità e ambivalenza nel loro rapporto con Massimiliano. Da un lato c’è un padre affettuoso e dall’altro ci sono episodi di ‘svalutazione’ dei ragazzi. Gli atti sessuali descritti nel capo imputazione non sono mai chiari o espliciti, ma c’è sempre una sorta di spiegazione per le situazioni in cui si sono verificati. Le lettere e i bigliettini invece sono evocativi dell’anomalia del rapporto retto dall’ambivalenza di sentimenti. C’è una una sentenza di Cassazione che afferma che il ‘proprio benessere deriva da un’altra persona e allora si è pronti a sopportare qualsiasi cosa’. C’è quindi coerenza nei comportamenti delle vittime che sopportano gli abusi”.
Il legale ha poi sottolineato il sentimento “altruistico” che ha animato l’azione del suo assistito: “Non chiede un risarcimento del danno per sé, ma chiede che sia donato alla fondazione Gaslini”.
Sulla stessa lunghezza d’onda la discussione dell’avvocato Nasuti per la terza presunta vittima: “Questa è una brutta storia perché si svolge in una casa famiglia ed è posta in essere da una persona che dovrebbe occuparsi dei minori. E’ una storia che si basa su sentimenti contrastanti: la persona che compie gli abusi è quella a cui si vuole bene. Una situazione simile, ovvero dove si verifica che ci sia amore e vengano compiuti atti sessuali, è frequente. Per questo lo sforzo della difesa di dimostrare che c’era amore tra lui e questi ragazzi è vano: perché questo non vuol dire che non si siano compiuti abusi. Non trovo niente di strano nel fatto che il mio assistito non abbia mai confessato nulla all’epoca: c’era la paura di perdere quel poco che si aveva”.