Andora. Era il 17 gennaio 2014 quando il treno Intercity 660, proveniente da Milano e diretto a Ventimiglia, deragliò per colpa di una frana a Capo Rollo tagliando in due la Riviera di Ponente per oltre un mese. Un incidente che provocò il ferimento di due macchinisti, del capotreno e di alcuni passeggeri e danni incalcolabili per ripristinare la linea e all’immagine di Andora.
Ci sono voluti mesi e mesi per effettuare una consulenza tecnica, 30 mila fotocopie di pratiche comunali con un Municipio paralizzato per tre settimane per un’inchiesta con reati che in buona parte sono già prescritti.
Ad indagare è il sostituto procuratore della Repubblica Giovanni Battista Ferro. Ma ci sono molti aspetti della vicenda tenuti top secret. Chi sono gli indagati? Quanto è costata l’inchiesta? Chi pagherà i danni d’immagine per Andora e quelli subiti da Trenitalia e dalle migliaia di passeggeri che hanno subito disagi enormi viaggiando in auto e in pullman per raggiungere il posto di lavoro?
Una cosa è certa. Già in quelle settimane travagliate Rfi aveva precisato che “nessuno ha mai parlato di presentare fatture al Comune, ma ci sarà la necessità di una definizione delle competenze nella ripartizione dei costi”. Bene chi pagherà allora per quel disastro?
Bocche cucite in Procura. Dunque bisogna solo avere la pazienza di aspettare. Quanto tempo ancora però non è dato sapere. Tutti vorrebbe avere notizie, soprattutto ad Andora.
Una frana, quella del 17 gennaio dello scorso anno, che aveva rovesciato sul treno e sulla linea qualcosa come 35 mila metri cubi di materiale insieme ad una terrazza di una villa plurifamiliare. Aveva un fronte di 200 metri e un’altezza di circa 200 metri. Pure quell’area era stata messa sotto sequestro e la zona era presidiata giorno e notte dalla vigilanza per evitare che gli sciacalli depredassero villette e abitazioni di Capo Rollo.
Il treno venne rimosso il 24 febbraio 2014 con un’operazione spettacolare impiegando una grossa chiatta che era arrivata da Genova con un costo da capogiro. “L’intervento – avevano spiegati i tecnici di Rfi – è comprensivo dell'”operazione chiatta”, e quindi l’allestimento della superpiattaforma con le cinque gru, della messa in sicurezza del versante e della bonifica strutturale dei binari oltre alla perdita del locomotore che è molto danneggiato e difficilmente recuperabile”. Costo dell’operazione? Due milioni e mezzo di euro e a questo si devono aggiungere i costi sostenuti da Trenitalia (mancati introiti, costi dei bus sostitutivi). Un’enormità.
Anche l’amministrazione comunale però aveva presentato il suo conto e lo aveva pagato caro. Subito dopo il deragliamento del treno era stato sequestrato il terzo piano del Municipio ovvero l’ufficio relativo ai lavori pubblici, all’ambiente, l’ufficio abusi, edilizia privata, demanio, protezione civile, servizi tecnologici come acquedotto e fognatura, ambiente.
Una situazione che aveva costretto l’ufficio personale a mettere in ferie obbligatorie una dozzina di dipendenti e altri a fare 30 mila fotocopie di pratiche e incartamenti. L’allora sindaco Franco Floris aveva chiesto e ottenuto dalla Procura che i fascicoli d’interesse nell’inchiesta venissero trasferiti nell’ex sala del consiglio comunale. “Questo per consentire di non bloccare l’intera attività della macchina comunale”, disse il sindaco. Istanza accolta, ma le pratiche erano comunque finite sotto chiave e così la macchina del Municipio aveva subito comunque un fortissimo rallentamento.
Altra certezza: quell’interruzione dell’attività comunale, collegata al deragliamento del treno, ha influenzato moltissimo anche nella campagna elettorale che stava iniziando. Un danno d’immagine per la giunta in carica retta da Floris che poi perse l’elezione a tutto vantaggio della lista civica antagonista che aveva candidato Mauro Demichelis, attuale sindaco della cittadina.