Duplice mistero

Omicidi irrisolti: “Tonin” Solvero ed Enrico Damilano, uccisi ad Osiglia a 26 anni di distanza

Le due morti potrebbero essere legate ad un terzo mistero, la scomparsa di un 17enne durante la Resistenza

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Foto d'archivio

Continua il viaggio “in giallo” nel passato della nostra provincia, con gli “omicidi savonesi” rimasti irrisolti nell’ultimo secolo. Questa volta Roberto Nicolick racconta la duplice storia delle morti di Giovanni Solvero ed Enrico Damilano, ritrovati uccisi ad Osiglia a distanza di 26 anni l’uno dall’altro: due misteri uniti, forse, da una scomparsa avvenuta durante la Resistenza.

Giovanni Solvero detto Tonin, 65 anni, aveva fatto la scelta di abitare in una cascina isolata ad Osiglia in località Fornacione, non sposato, stava lontano da tutti, anche dai parenti più stretti, peraltro non aveva che una sorella più anziana di lui, cieca , con cui non si incontrava da anni, gradiva solo la compagnia di un cane lupo con cui divideva la casa. Di corporatura robusta, era di buon carattere, socievole e comunicativo. Tuttavia non gradiva le intromissioni nel suo terreno dei cacciatori, dei cercatori di funghi o dei nomadi e aveva fatto cintare la sua proprietà di recente, anche se non aveva grandi ricchezze da proteggere. Non si fidava delle banche e teneva , come molti contadini in quella zona, i denari nascosti in casa. La mattina dell’otto marzo qualcuno lo colpisce mortalmente con una accetta che era nel fondo di Solvero e lo uccide con quattro fendenti che non lasciano scampo al contadino. Poi non visto si allontana senza lasciare traccia. Alle 8 del mattino una persona che vuole mantenere l’anonimato e che rimane temporaneamente sconosciuto, avvisa i Carabinieri della presenza del cadavere nell’aia della cascina, in seguito verrà identificato e interrogato in Caserma come persona informata dei fatti.

Il corpo, quando viene rinvenuto, giace in un lago di sangue, fra la sua auto, una Ford Escort e la scala che porta al piano superiore dell’abitazione. L’aia della cascina è in disordine e probabilmente lo è da anni, la vittima che sta steso supino sul terreno dell’aia, indossa il suo abituale abbigliamento da campagna: un maglione di lana grezza, un paio di pantaloni sdruciti e ai piedi porta un paio di scarponi. Un testimone afferma di essere transitato dalla cascina intorno alle 7,30 e di non aver notato nulla, quindi l’omicidio deve essere accaduto nella mezzora successiva. Sulla fronte e sulla nuca di Solvero si potevano notare diverse e profonde ferite e l’accetta era stata abbandonata a pochi metri dal corpo. Chi l’ha usata per ammazzare il contadino, l’ha poi lavata sotto una fontanella e asciugata con uno straccio anch’esso abbandonato nell’aia che era tutta coperta di schizzi di sangue. La gente conosceva la vittima come una brava persona, viveva di poco, quel poco che gli poteva dare la terra del fondo che coltivava, essendo un uomo solo, viveva in un gran disordine, allevava dei maiali e come reddito godeva di una modesta pensione che gli garantiva un minimo di sopravvivenza. Durante la guerra, Solvero aveva fatto parte, per circa un anno, di una banda partigiana che operava nella alta Valle Bormida, forse il movente dell’omicidio andrebbe cercato in quel periodo, non troppo lontano, in cui spesso avvenivano delle atrocità da una parte e dall’altra, che indubbiamente possono aver lasciato dei rancori ancora vivi.

A un centinaio di metri dalla cascina di Solvero, fu ucciso, 26 anni prima, un altro contadino, Enrico Damilano di 69 anni ex dipendente dell’ACNA, probabilmente a colpi di bastone, infatti la vittima aveva diverse ecchimosi sul ventre, nonostante questi segni inquietanti la morte fu rubricata come per cause naturali e quindi archiviata dalla Procura. Dopo l’omicidio di Solvero, il fatto acquista una luce diversa. Inoltre ad accrescere l’interesse per questi misteri si sa che uno dei figli del Damilano, di appena diciassette anni , nel corso della guerra sparì misteriosamente e non venne mai ritrovato. Qualcuno affermò che erano stati i Nazifascisti ma non vi furono mai riscontri oggettivi da parte del Comando Germanico. Potrebbe esserci la possibilità che le due morti siano collegati in qualche modo alla sparizione del giovane figlio di Enrico Damilano. Un altro dato obiettivo con cui devono fare i conti gli inquirenti è l’omertà degli abitanti della zona.

Dopo mesi ed anni, l’omicidio di Giovanni Solvero rimase un mistero e la morte di Giovanni Damilano anche. La gente del posto continua ad affermare, a bassa voce, che la radice di questi delitti è da ricercarsi nel periodo della guerra civile che insanguinò quelle zone, in cui spesso abitanti dello stesso paese indossavano divise diverse.

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