Estorsione e rapina

Racket delle rose, scena muta dal gip dei 4 arrestati

Le vittime erano costrette a vendere rose per pochi euro e a versare l'intero incasso ai loro aguzzini

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Savona. Sono stati interrogati questa mattina dal gip Filippo Maffeo i quattro cittadini bengalesi finiti in manette in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito di un’indagine sul “racket delle rose”.

Secondo gli investigatori infatti alcuni cittadini bengalesi costringevano i loro connazionali a vendere rose per pochi euro e a versargli parte dell’incasso (una sorta di “pizzo”).

In manette sono finiti Howlander Kuddos, 41 anni residente in via Torino, Jamal Mohammad, 35enne suo coinquilino, e due fratelli Salim di 33 anni, e Sapon Md di 22 anni. Tutti e quattro questa mattina si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

Tutti devono rispondere dell’accusa di tentata estorsione in concorso, mentre solo Kuddos e Mohammd di concorso in rapina. Secondo quanto accertato, i quattro acquistavano i mazzi di rose (da 30 pezzi ciascuno) da un grossista di Arma di Taggia al costo di 10 euro ciascuno. Poi costringevano i loro connazionali a rivenderli: ogni “fiorista” era obbligato a versare il costo del mazzo, ma anche altri 20 euro al giorno per la “licenza” a vendere le rose (indipendentemente dal fatto che fossero riusciti a piazzare tutti i fiori).

I quattro bengalesi, tuttavia, non si sarebbero limitati ad imporre ai loro connazionali il commercio dei fiori, ma avrebbero offerto anche la possibilità di prendere in affitto un posto letto in uno degli appartamenti di loro proprietà (situati in via Torino, via Montenotte o via Pia) al costo di 150 euro al mese.

L’episodio che ha fatto scattare la denuncia è datato 23 agosto. Il cittadino bengalese che ha poi denunciato i connazionali era nella zona di piazza del Popolo perché stava andando dal negozio di money transfert di via Sormano per spedire a casa, ai familiari in Bangladesh, i soldi (1200 euro) guadagnati con quel lavoro stancante. Si era ritrovato un coltello a serramanico puntato alla gola. Poi minacce, calci, pugni. E i soldi che passavano di mano, dalle sue tasche a quelle di Howlander Kuddos e Jamal Mohammd. Ferito, terrorizzato, era andato in questura e un poliziotto delle volanti, Roberto D’Acquisto, era riuscito a vincere la diffidenza, la paura dell’uomo, convincendolo a parlare.

Il fiuto investigativo aveva poi fatto il resto. Il poliziotto aveva intuito che la vicenda nascondesse ben altro e il suo rapporto, la sua relazione inviata alla squadra mobile ha dato il la all’indagine sfociata negli arresti.

Un’indagine dalla quale sono emerse altre intimidazioni e minacce (con sms) al bengalese rapinato, aggressioni ad altri suoi connazionali. Episodi che sono finiti in una seconda denuncia in seguito alla quale il pm Daniela Pischetola ha fatto partire gli ordini di custodia cautelare per i quattro membri della banda (assistiti dagli avvocati Carrara, Barbero, Ferrara e Noceto).

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