Savona. Clima teso in Consiglio comunale a Savona, con al centro l’azienda pubblica Ata e la vicenda dei licenziamenti dei due lavoratori. Un Consiglio comunale monotematico che era finito nella bagarre politica ancora prima di iniziare, quando il vice sindaco Livio Di Tullio aveva puntato il dito sulla richiesta di convocazione da parte di Lega Nord e M5S (accordata dal presidente del Consiglio comunale Casalinuovo), accusandoli di trasformarsi, con questa richiesta, in “garanti” della casta politica (uno dei dipendenti licenziati, Lavagna, è anche consigliere comunale nel gruppo Misto).
Clima teso quindi fin da subito, con i lavoratori che hanno riempito in massa la sala del Consiglio e, prima dell’inizio, hanno esposto alcuni cartelli e striscioni difendendo, in sostanza, il loro lavoro: “Basta polemiche – era l’appello – che possono mettere a repentaglio le prossime commesse dell’azienda”.
Per la minoranza una occasione di incalzare la maggioranza su una questione spinosa, non solo chiedendo spiegazioni sull’accaduto ma anche più in generale sulle dinamiche interne ad Ata (politiche di assunzione, cifre, disservizi). Il Consiglio comunale è iniziato in ritardo proprio per le schermaglie sulle modalità di svolgimento del parlamentino savonese: alla fine, per evitare strumentalizzazioni reciproche, si è deciso tra le altre cose di non parlare direttamente dei licenziamenti e dei rapporti sindacali finti nel mirino per la militanza nella Cisl dei due dipendenti, ma della complessiva gestione di Ata.
Incalzato dai gruppi di opposizione, il sindaco di Savona Federico Berruti ha voluto rispondere direttamente sull’attività di Ata, evidenziando tutto il percorso decennale svolto dall’amministrazione comunale in tema di gestione dei rifiuti e servizio per la città. Il sindaco ha ricordato la scelta di rinunciare a Cima Montà per puntare su Boscaccio, e ha difeso a spada tratta l’operato dell’azienda: “Savona non è una città sporca e Ata svolge un servizio di qualità, certo ci sono aspetti da migliorare ma mi pare che i risultati dell’azienda in questi anni siano evidenti, in termini di bilancio, di servizi e di posti di lavoro”.
I sindacati, che inizialmente avevano deciso di restare fuori dal Consiglio sebbene invitati a partecipare, sono stati nuovamente chiamati a intervenire dal consigliere Arecco (Lega Nord). I tre rappresentanti a quel punto hanno accettato, e si sono schierati in linea di massima in difesa dell’azienda. “I rapporti sono ovviamente a volte migliori e altre volte più difficili – hanno spiegato – ma questo è normale. Quello che conta è che abbiamo raggiunto degli accordi che non si possono raggiungere se non c’è armonia e se i lavoratori non credono nell’azienda”. Più volte dai vari rappresentanti si è levato l’invito a “non strumentalizzare” le tematiche lavorative a fini politici: parole a cui lavoratori hanno risposto con un lungo applauso. E Speranza (Cisl) ha chiarito: “La nostra è l’organizzazione che ha deciso di mettere ‘sotto accusa’ Ata, ma noi ci occupiamo solo di tematiche sindacali, e non vogliamo essere tirati in ballo nella discussione politica, che è legittima ma non ci riguarda”.
Un consiglio dove, a tanto fumo, sono seguiti però in sostanza pochi risultati. E, come sempre, la chiave di lettura è duplice, a seconda della prospettiva. Da un lato la maggioranza, che accoglie la schermaglia di oggi come una vittoria: “Una patetica iniziativa di propaganda elettorale – è il commento dell’assessore Franco Lirosi – del tutto fallita e pagata dai cittadini. Ho notato con piacere che mentre parlava il rappresentante della Lega Nord molti lavoratori Ata si sono girati dando la schiena. Molto più utile l’intervento dei sindacati: persino loro hanno invitato a non strumentalizzare la situazione”.
Dalla parte opposta della barricata invece il consiglio viene letto come un’ulteriore dimostrazione di debolezza da parte sia della giunta Berruti che della dirigenza Ata. “A domande puntuali non sono mai stati in grado di rispondere – è la critica di Emiliano Martino, portavoce di Fratelli d’Italia – e Berruti ci ha sommerso di parole, addolcendo le domande e facendo sempre da filtro tra noi e Ata. Questo consiglio doveva servire a chiarire bene certe dinamiche dell’azienda (ad esempio come avvengono le assunzioni e con che criteri, oppure perché i lavoratori licenziati non hanno prima subito dei richiami o delle sanzioni): ci aspettavamo un meccanismo ‘a domanda risposta’, invece i dirigenti sono stati evasivi e hanno dato solo risposte generiche”.
E sulla posizione neutra dei sindacati, Martino replica così a chi vede la richiesta di Arecco (che li ha invitati a intervenire, ma non ne ha poi ottenuto l’appoggio) come un autogol della minoranza: “Noi avevamo deciso di ‘giocare’ in modo trasparente, dando voce anche ai sindacati pur sapendo che i lavoratori erano stati ‘indottrinati’ a dovere. I loro applausi, con tutto il rispetto, sembravano quelli ‘fantozziani’ in cui tutti applaudono il megadirettore perché sono obbligati a farlo: li hanno vestiti con la giacchetta e gli hanno portato da bere perché potessero ‘resistere’, ma nonostante questo alle 6 erano usciti tutti per l’aperitivo. Non importa: li abbiamo coinvolti perché secondo noi era giusto affrontare la questione in modo leale, senza i soliti ‘giochetti’ della politica. Purtroppo, evidentemente, siamo stati gli unici a ragionare così. Ma continueremo a farlo: se nessuno lotta per cambiare certi meccanismi, non accadrà mai”.