Savona. “Noi siamo convinti che anche nel dibattimento dimostreremo i pregiudizi che ci sono nei confronti di Fotia”. Il suo assistito è stato appena rinviato a giudizio nell’ambito del procedimento per le mazzette in cambio di appalti nel comune di Vado, ma l’avvocato Pino Mammoliti appare comunque fiducioso sull’esito finale del processo.
Il difensore di Pietro Fotia nel commentare l’esito dell’udienza preliminare, senza usare troppi giri di parole, non risparmia dure critiche per la situazione nella quale si trova l’imprenditore: “Il procedimento trae origine da una serie di irregolari procedure di appalto con il Comune di Vado, con il coinvolgimento di ingegneri, tecnici e politici, oltre che di imprenditori e, stranamente, sono rimasti fuori dal novero delle contestazioni proprio i politici”.
“Il giudice non poteva non tenere conto della disparità di trattamento usata dall’ufficio di Procura che per alcuni soggetti ha chiesto il non luogo a procedere e la prescrizione. Visto che questi sono reati che necessariamente coinvolgono più soggetti, o Fotia aveva il dono della bilocazione, o non poteva fare da solo – prosegue l’avvocato Mammoliti -. Il dibattimento non può che ratificare il lavoro già presentato che è monco e nasce da una tipologia di attività investigativa che ha indirizzato le indagini solo verso Pietro Fotia. Queste forme sono forme molto silenti e subdole di persecuzione in danno di un imprenditore che ha saputo costruire con molto sacrificio un consenso condiviso dalle pubbliche amministrazioni tanto che, ancora oggi, viene sollecitato a fare dei lavori perché la qualità delle opere espresse dalla Scavo-ter sono ineccepibili”.
Non manca da parte del difensore di Fotia nemmeno una stoccata per le condizioni in cui si trova il tribunale di Savona: “Al giudice ho detto anche che la prova del nove della corruzione che sistematicamente sconvolge la città di Savona è interpretata dalla decadenza del palazzo di Giustizia nel totale e assoluto silenzio di tutti gli operatori di giustizia”.
“Pietro Fotia non può diventare l’alibi di un sistema di corruzione, è la vittima di concussione perché per poter lavorare doveva dare in contributi a Drocchi. Ha prevalso il fuoco del non senso investigativo: c’erano almeno 25 soggetti indagabili che non sono nemmeno stati sentiti a sommarie informazioni. Tra questi c’era la ‘casta’, ovvero i politici che non sono stati coinvolti e questa è la prova che c’è una giustizia che funziona ad orologeria, ma soprattutto che in bianco e nero divide i buoni dai cattivi con l’unico risultato che i lavori eseguiti dalla Scavo-ter sono stati fatti regolarmente e mai contestati, quelli fatti da altre ditte con le complicità istituzionali hanno prodotto danni irreversibili e irreparabili per tutta Savona” conclude Mammoliti.