Giornate decisive

Futuro ancora incerto per il Pd ligure: decisiva l’assemblea regionale di fine giugno

Personaggi

Liguria. Resta il clima da resa dei conti, alla ricerca di una unità che non esiste e che si scontra con le pesanti ripercussioni politiche della sconfitta alle elezioni regionali.

Il futuro del Pd ligure si gioca tutto in sette giorni, vale a dire il tempo che passa tra l’assemblea provinciale che lunedì 22 giugno discuterà del futuro del partito genovese e quella regionale del lunedì successivo che dovrà valutare le dimissioni di tutta la segreteria di Giovanni Lunardon.

In entrambi i casi sulle infuocate assemblee ‘veglieranno’ i big del partito nazionale: Valentina Paris, responsabile degli enti locali si siederà al tavolo con Alessandro Terrile, mentre per l’assemblea convocata da Giovanni Lunardon ci sarà addirittura il vice di Renzi Lorenzo Guerini.

Per entrambe le segreterie parte dei renziani ha chiesto l’intervento di un commissario esterno, ma il partito nazionale finora è rimasto alla finestra.

L’auspicio per Renzi sarebbe che i dem genovesi e liguri se la vedano tra di loro a meno che… A meno che le divisioni o quella che la renziana Sara Di Paolo ha chiamato senza mezzi termini “guerra fra bande” non porti allo scontro totale (cosa assai più probabile il 29 dove le maggioranze tra le correnti sono oggi abbastanza fluide). In quel caso il commissario esterno auspicato da alcuni potrebbe arrivare.

Andando con ordine, nell’assemblea provinciale di lunedì il segretario dimissionario Alessandro Terrile i numeri per restare li ha: “Ma non è una questione di numeri – ribatte lui – perché se si decide di fare espulsioni o di dare un ultimatum a Doria io non ci sto. Altra cosa è se veramente capiamo che dobbiamo smettere di parlare di persone, ma fare proposte ai nostri militanti e soprattutto a tutti quelli che a queste elezioni non è andato a votare”. Basta con le minacce al sindaco, insomma, e niente salti in avanti pensando già oggi a un candidato del Pd per le prossime Comunali.

Molto più delicata la posizione del segretario Giovanni Lunardon, che ha conquistato un posto in consiglio regionale (anche se i tratta ad oggi di un posto ancora traballante a causa dei ricorsi presentati dal centro destra e dall’ex assessore Boitano). Lunardon si è dimesso con tutta la segreteria ma qualcuno vorrebbe che restasse. D’altra parte per il suo posto si sono fatti i nomi di Nino Miceli (forse però troppo ‘bruciato’ a causa del supporto instancabile dato alla candidata perdente Raffaella Paita), di Pippo Rossetti (che però non sarebbe interessato ad accollarsi la ‘bugna’) e del senatore Vito Vattuone.

E più d’uno, tra i renziani ma non solo, vorrebbe che a traghettare il partito regionale (ma anche quello genovese) fosse una ‘squadra’: “Credo che anche Terrile debba mantenere le sue dimissioni – dice Cristina Lodi – e che serva un gruppo nuovo di poche persone che consenta di ritrovare l’unità del partito”. Di diverso avviso il vicesindaco Stefano Bernini: “Credo che Terrile non abbia dato segni di squilibrio in questa campagna elettorale. Non credo tanto nelle triadi, quanto in un percorso ragionevole che ci aiuti a individuare il modo per recuperare gli elettori che abbiamo perso perché sono stati a casa”.

Insomma tra chi vuol far saltare le teste dell’attuale dirigenza del partito (compresa quella del capogruppo a Tursi Simone Farello) e chi punta a prender tempo mantenendo il più possibile lo status quo, gli ingredienti per una resa dei conti in grande stile di sono tutti.

Solo su una cosa le fazioni contrapposte sembrano concordare: il regolamento del Pd prevede per l’elezione del segretario che vengano fatte delle primarie, ma è un passaggio a cui nessuno vuole arrivare. Come ha detto Raffaella Paita la scorsa settimana al termine della segreteria regionale: “Se in queste condizioni chiediamo ai nostri elettori di andare a votare ci vengono dietro con i forconi!

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