Protesta del sappe

Tubercolosi, proteste e un’evasione: direzione del Sant’Agostino nel mirino

Attacco del Sappe: “Due giorni fa rischiata la rivolta, colpa della direzione assente". Domani nuova protesta dei carcerati?

Savona. “Da quando c’è questa direzione abbiamo ottenuto la prima evasione e la prima rivolta“. E’ una cannonata che ha destinatari ben precisi quella tirata da Michele Lorenzo, segretario regionale del Sappe: nel mirino finiscono il nuovo direttore e il nuovo comandante del carcere Sant’Agostino di Savona, “rei” di aver portato nell’istituto savonese una gestione definita “da rivedere”.

A dirlo, con forza, gli agenti aderenti al Sappe (Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria) due giorni dopo un episodio quantomeno preoccupante: martedì 60 detenuti si sono rifiutati di rientrare al termine delle ore d’aria, costringendo tre guardie carcerarie a più di due ore di trattative per convincerli a desistere. Il problema, dicono i poliziotti, è che questa è solo la punta dell’iceberg di un mondo, quello del Sant’Agostino, afflitto da mille criticità.

“I problemi riguardano la gestione, da parte di una direzione assente che viene soltanto un giorno la settimana, e la sanità penitenziaria, perché qui dentro non si garantisce l’adeguata assistenza sanitaria ai detenuti – tuona Michele Lorenzo – E tutto questo si riverbera sul personale della polizia penitenziaria, che 24 ore su 24 deve gestire sia le problematiche interne di sicurezza sia le manifestazioni di protesta dei detenuti preoccupati”.

La nuova direzione, spiega Lorenzo, è presente in struttura solo per due ore la settimana. “Quello di Savona è un’istituto che fino a ieri non ha mai destato problemi di ordine o sicurezza – ricorda – Tutto a un tratto, con questo modello organizzativo voluto sia dal direttore che dal comandante, entrambi in missione da Chiavari, stranamente abbiamo ottenuto la prima evasione, la prima rivolta e le preoccupazioni della polizia penitenziaria che si sente abbandonata da questa gestione“.

Che, accusa Lorenzo, è da rivedere: “Non si può lasciare la sicurezza in capo a un comandante che non sappiamo se c’è o non c’è. Si è lasciata gestire una protesta di 60 detenuti da 3 poliziotti penitenziari. Sono stati molto abili, perché ce l’hanno fatta da soli e dopo due ore e un quarto di trattative hanno fatto desistere i detenuti che sono rientrati nelle loro celle; però non è questo il modo giusto di gestire una protesta, è aberrante”. Tre contro 60: se questi avessero voluto prendere le chiavi e andarsene in massa, allarga le braccia Lorenzo, sarebbe stato impossibile impedirglielo.

E qualcuno, rincara il segretario del Sappe, è già evaso. Si tratta di un detenuto sospettato di aver contratto la tubercolosi, che è stato portato in ospedale e lì lasciato senza piantonamento: in 3 minuti, racconta Lorenzo, si è allontanato. Ma è in generale il modo in cui si affrontano i casi di malattia che non funziona: “Non si dà una esatta valutazione alle patologie infettive. Non bisogna aspettare 30 giorni per intervenire, si deve intervenire subito, questo lo dice l’ordinamento penitenziario: il detenuto deve essere monitorato, curato ed eventualmente spostato in ambienti adeguati alla sua cura. Ma Savona non ha spazi per isolare i detenuti: per poterlo fare dobbiamo aumentare i detenuti nelle altre celle, oggi ne abbiamo una abitata da 11 detenuti con letti a castello a 3 piani“.

Ma le accuse sono molteplici, e riguardano anche il rischio a cui vengono esposti gli agenti. “Quelli che non indossano la divisa, nel caso di malattie infettive stranamente si defilano”, accusa Lorenzo, che parla di dirigenti che evitano il contatto con i malati ma non usano altrettanta cautela per le guardie. “La cosa strana è che acquistano le mascherine di protezione P3 ma non vengono date al personale perché costano troppo e si potrebbero consumare. Ma che logica ha questo discorso?”.

I poliziotti sono un fiume in piena, e sotto accusa finiscono anche l’attività rieducativa del detenuto che, sostengono, “passa attraverso il lavoro. E qua a Savona questo non avviene”. Tant’è, spiegano, che a Cairo Montenotte per alcuni lavori vengono inviati i carcerati di Alessandria perché la direzione del Sant’Agostino non vuole inviare quelli savonesi. Un malumore che appartiene anche ai detenuti: tant’è che, nei corridori del carcere, si vocifera di una nuova protesta domani.

Mille problemi, legati alle scelte più che al denaro (come nel caso della protesta: “gli agenti sarebbero sufficienti se fossero ben gestiti”, spiegano). E per questo anche il milione di euro in arrivo è giudicato inutile: “Non so a chi serviranno, non all’istituto di Savona – attacca Lorenzo – E’ un convento, più di questo qui non si può fare. Non capiamo il progetto, e il milione di euro a mio avviso non può servire a niente se non dare un po’ di bianco o ad aggiustare nuovamente gli uffici di direttore e comandante che sono già stati ampiamente rivisitati. C’è bisogno di un carcere nuovo a Savona, dobbiamo avere il coraggio di dire che questo carcere non serve e che dobbiamo iniziare a costruirne uno nuovo. Savona non lo vuole? Il Comune lo rifiuta? Facciamolo in Valbormida, o in una zona dove hanno effettivamente voglia di vivere in uno stato civile e sociale. Savona, mi dispiace, ma non è di questa idea”.

Vuoi leggere IVG.it senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.