Lettera al direttore

Esecuzione

Roberto Nicolick racconta “l’esecuzione sommaria del Maresciallo Andrea Barbagallo”

Chi era Andrea Barbagallo ? Era un onesto e coraggioso Maresciallo dei Carabinieri Reali di 44 anni, nativo di San Giovanni di Giarre (CT) ,in comando alla locale Caserma di Albisola Superiore negli anni che andavano dal 39 al 44, con un notevole curriculum di repressione verso il mercato nero e soprattutto verso il traffico di armi, attività molto fiorente in quegli anni, visto quello che si andava preparando. Il Maresciallo Barbagallo è molto attivo, forse troppo per quel particolare periodo storico, riceve lettere anonime , molto esplicite, in cui lo si minaccia di morte per il suo troppo zelo e lo si invita a desistere dalla sua attività di Carabiniere ligio e attaccato al dovere. A causa della situazione di alto rischio a cui è sottoposto, dopo un breve ricovero in ospedale militare, Barbagallo si dimette dall’Arma e viene quindi collocato in pensione.

Il Barbagallo deve far quadrare i conti con una piccola pensione e con il fatto, molto gravoso, che deve mantenere ben due nuclei famigliari, il proprio composta dalla coniuge e da due ragazzi e quello del fratello, in quel momento prigioniero in Germania , composto dalla cognata e da due altri ragazzi. Quindi l’ex Maresciallo, manteneva sei persone, e per meglio dare da vivere a questi suoi famigliari, decide di svolgere l’attività di vendita come ambulante. I tempi, nel frattempo precipitano, siamo all’aprile del 45, gli squadroni rossi della morte imperversano con le vendette personali, fanno centinaia di morti, molte le sparizioni di persone spesso innocenti, ma appena sfiorate dal sospetto di essere vicine alla Repubblica Sociale oppure troppo benestanti e con beni che dopo la loro sparizione cambiavano di proprietà. Basta poco per essere prelevati, interrogati e sparire. Cosa che puntualmente accade a Barbagallo, esattamente il 25 aprile, due uomini con il mitra a tracolla, si presentano a casa sua e lo “prelevano”, viene condotto presso il Comando della famigerata polizia partigiana comunista, accusato di essere un collaboratore dei fascisti, picchiato brutalmente.

Il poveretto pesto e contuso, tenta di spiegare che egli era un maresciallo dei Carabinieri, e che non dipendeva dai fascisti o dai Nazisti, ma solo ed unicamente dal Comando della sua Arma. Legato per i polsi dietro la schiena, viene portato a Savona, presso il Comitato di Liberazione, sottoposto ad altro interrogatorio, e quindi stranamente rilasciato. Lo sventurato, sollevato nell’animo, torna a casa, ma si tratta solo di una crudele messa in scena, degna del migliore, o peggiore, metodo di Staliniana memoria. Alla mattina, i soliti giannizzeri rossi, bussano alla sua porta e di fronte ai suoi terrorizzati famigliari, lo riprendono, e questa volta lo trascinano nella pubblica piazza di Albissola Superiore dove inizia il suo Calvario. Andrea Barbagallo, viene indicato alla gente come una spia fascista, schernito e malmenato, gli viene attaccato un cartello al collo con scritto “Spia dei fascisti” e trascinato a calci e pugni per la cittadina. La gente viene sollecitata a colpirlo, schiaffeggiarlo, a sputargli addosso, cosa che accade con terribile efficienza, tutto pesto, sanguinante ed accasciato riceve dai suoi carnefici e dai più scalmanati ,violenza ed umiliazioni. Lui che era solo un fedele servitore dello Stato, che arrestava i ladri ed i brigati, in quel momento pagava per la sua onestà e correttezza di fronte a personaggi mille volte peggiori di lui.

Come per Il Cristo, picchiato e torturato, qualcuno dei caporioni rossi, decretò la morte del povero Barbagallo, e incitò la folla ad ucciderlo, cosa che non avvenne, infatti, anche nei momenti più bestiali, l’istinto omicida può anche abortire sul nascere e forse la gente ebbe un barlume di pietà e di rispetto per quest’uomo. Ma i partigiani rossi non volevano lasciarsi sfuggire la loro vittima, dovevano dare dimostrazione di “geometrica potenza”, e così accadde: un partigiano comunista, poi identificato come T. S., dopo aver ulteriormente sollecitato, inutilmente, la folla a linciare il poveretto, imbracciava il mitra e urlando ” cosa aspettate a finirlo, avete paura ??…allora lo uccido io ” gli esplodeva contro una raffica uccidendolo e lasciandolo sul selciato in una pozza di sangue. A questo punto l’assembramento si sciolse, lo spettacolo era finito e tutti se ne andarono a casa.

Qualcuno disse che si trattò di una bravata sanguinaria, tuttavia l’assassino del Barbagallo fu identificato e tratto in arresto in seguito dai Carabinieri, ammise di aver ucciso l’ex maresciallo, ma di averlo fatto per ordine del Comando della Divisione Partigiana Gin Bevilacqua, in quanto l’ucciso sarebbe stato una “Spia dei Fascisti”.

Per chiudere il cerchio e salvare dalle Patrie Galere l’assassino, con puntualità Svizzera, arrivò opportunamente un documento della Brigata Partigiana F. Colombo e controfirmato dall’ANPI di Savona, datato 30 aprile 1945, che testualmente affermava: “…Questo Comando il 29 corr. ha arrestato l’ex Maresciallo dei Carabinieri Barbagallo Andrea perchè denunciato quale Spia Segreta e favoreggiatore dei Nazifascisti. Avendo l’accusato confessato e riconosciute le accuse mossegli e’ stato passato per le armi nel comune di Albissola Marina dove il Barbagallo esplicava la sua losca attività” Il gesto disumano era quindi rubricato come atto di guerra e poteva rientrare nella amnistia del Ministro Togliatti. Mai alcun documento fu falso, iniquo, disonesto e violento come questo. Nei fatti, moriva immeritatamente, in questo modo, un uomo retto ed onesto, assassinato da un personaggio che , come risulta da rapporti dei carabinieri, aveva anche vestito diverse uniformi in diverse occasioni, prima come Brigata Nera, poi come Partigiano Comunista. Nessuno volle testimoniare per paura di rappresaglie, molto frequenti in quel Far West, nessuno pronunciò, in pubblico, parole di condanna per l’accaduto, ma Andrea Barbagallo rimase nella memoria degli Albisolesi onesti come un buon Maresciallo dei Carabinieri buono con le persone per bene e inflessibile con i brigati e i predoni che poi, proprio per questo motivo, lo vollero fortemente uccidere. Queste emerge dai documenti da me esaminati presso l’Archivio di Stato, visionabili da chiunque.

 

Roberto Nicolick

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