Villanova d’Albenga. “Alè, siamo in Italia. Forza!”. Che è arrabbiato, ma anche profondamente amareggiato lo si capisce già dalle parole con cui esordisce nella conversazione. Nicola Trimboli è il fondatore dell’azienda Flexopack di Villanova d’Albenga che ieri si è vista mettere i sigilli ad un capannone che, secondo l’accusa contestata dalla Procura, sarebbe stato realizzato in violazione delle norme urbanistiche ed edilizie.
Il patron della Flexopack (nella foto con il figlio) è convinto della correttezza dell’operato della sua azienda: “Noi siamo a posto non al cento per cento, al mille per mille. I danni chi è che li pagherà? Io sono preoccupato per i giovani: perché non è così che si va avanti, che si creano posti di lavoro e che si insegna come bisogna stare al mondo. Noi non siamo in una Repubblica, siamo in una dittatura”.
Nicola Trimboli conferma di sentirsi come parte offesa in questa storia: “Noi siamo parte lesa, non si capisce qui chi legge e cosa legge. E’ tutto a posto qui: terreni, oneri, agibilità, che abbiamo da un anno, e quindi non capisco proprio quale sia il problema”.
Un commento è arrivato anche dall’avvocato Alessandro Cibien che tutela l’azienda: “In questa vicenda la società Flexopack è parte lesa ed ha agito in assoluta buona fede nell’esecuzione delle opere, avvalendosi di professionisti ed avendo ricevuto ogni autorizzazione da parte degli uffici competenti. Si tratta di un provvedimento che arreca un grave danno economico e d’immagine all’azienda mia assistita, che occupa sessanta dipendenti e dalla quale ho ricevuto mandato per ogni azione a tutela della stessa”.