Processo scajola

L’ex ministro: “Minasso non affidabile, la sua é una politica ballerina”

In aula a Imperia ricostruiti rapporti con l'allora parlamentare di Alleanza Nazionale

Imperia. “Io e Minasso? Ho conosciuto il padre ma con lui nessun rapporto. Solo nel 1996 quando iniziai a fare attivitá politica. Ricordo che mi chiese una mano fino a quando venne eletto deputato. Ma non abbiamo mai pranzato insieme. La mia é una politica moderata. Minasso invece, secondo me, aveva una visione della politica ballerina. Non é una persona affidabile”.

É quanto ha detto Scajola nel corso del processo a suo carico per ricettazione in tribunale a Imperia per una informativa dei carabinieri su Minasso. L’ex ministro ha ricostruito i rapporti con Minasso e Alleanza Nazionale. “Nel 2010 mi ero dimesso da ministro dopo una lettera anonima sulla casa del Colosseo – ha ricordato – Un’inchiesta che é poi sfociata in un processo che si é concluso con un’assoluzione emessa nel 2013. Ma negli anni precedenti ci furono persone che mi avevano voltato le spalle anche all’interno del Pdl fino a quando non arrivammo alla riunione di dicembre all’Hotel Bristol di Genova”.

Il pm Alessandro Bogliolo ha bloccato Scajola ricordandogli che la sua deposizione non é un soliloquio. Aveva ricevuto degli esposti anonimi gli ha chiesto Bogliolo? “Si avevo ricevuto lettere brutte e belle. Per fortuna quelle belle erano molte di più. E quelle anonime che mi riguardavano e soprattutto riguardavano la mia sicurezza le mandavo al questore. Alcune venivano intercettate prima che mi arrivassero, comprese le pallottole. Le altre quelle meno gravi venivano cestinate. Alcune brutte le ho catalogate. Mi arrivavano anche migliaia di informative quando ero stato ministro sia dell’Interno che del Mise, ma ovviamente anche quando ero responsabile del Copasir. Quando non avevo incarichi non ho mai ricevuto informative”.

Scajola ha parlato anche di una serie di perquisizioni e nell’aprile 2013. “Io non c’ero, ma sequestrarono anche quella informativa riguardante Minasso. Le mie collaboratrici avevano prelevato quel documento nella cassetta delle lettere insieme ad altra corrispondenza. Era stata Roberta Sacco ad informarmi dell’avvenuta ricezione di quella documentazione. La guardai, non mi meravigliai, perché di questo argomento si era sempre parlato anche nel corso di un congresso di Alleanza Nazionale del 2006. Non era girato quel documento, ma se ne era parlato. Nella buca delle lettere del mio ufficio di viale Matteotti era arrivato dopo il periodo natalizio, sicuramente dopo il 15 gennaio. Se lo avessi avuto prima, magari nel mio intervento, nella foga, probabilmente mi sarei lasciato scappare qualcosa. Ma lo stesso Minasso oggi ha detto che nel mio intervento forse avevo fatto riferimento al processo Pellegrino e non quella informativa. Non segnalai a nessuno l’inoltro di questo anonimo perché non mi sembrava che potesse meritare questo rilievo”.

E la difesa di Scajola ha chiesto di ricordare il clima di quegli anni turbulenti della politica. “In quella riunione all’Hotel Bristol non ci furono minacce. I giornali scrissero cose non vere. Quella riunione venne registrata da un mio ammiratore e a quella che dobbiamo fare fede. C’é un dischetto che ho conservato ed é importante. Inoltre dico che non ho mai fatto attivitá speculativa sulle disgrazie altrui e non lo avevo fatto neppure allora, in quella famosa riunione. Ma il giorno dopo sui giornali era uscito tutto un film diverso. Ma ci sono abituato”.

Scajola ha anche parlato dell’inchiesta sul porto di Imperia. “Ho catalogato tutto, anche le inchieste giudiziarie. Sul caso porto la mia posizione venne archiviata il 12 gennaio 2012. Avevo una quarantigia sulla mia immunitá di parlamentare considerato che mi era stata contestata l’associazione per delinquere. La mia abitazione venne perquisita la mia abitazione quando avevo ancora delle prerogative di immunitá parlamentare anche nel 2013. La polizia postale cercava una torretta bianca. Si pensava ad un abuso edilizio. Perquisizione che venne fatta il 17 aprile. Fotografarono stanza per stanza. In totale ho subito quattordici perquisizioni. Ma non ho mai fatto sparire nulla perché non avevo nulla da nascondere. Sui segreti di Stato la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta circa un mese fa. Era stata perquisita anche la cantina di mia suocera alla ricerca di anfore rubate. Ho sbagliato certo, ho avuto delle mie debolezze, ma francamente non mi si può dire che volevo minacciare qualcuno con questa informativa”.

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