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Borghetto, la minoranza diserta il consiglio: approvato il recesso dall’Unione dei Comuni fotogallery

I consiglieri di minoranza non hanno partecipato, quindi a votare è stata la sola maggioranza

Borghetto, il consiglio comunale dà il via libera alla nuova passeggiata

Borghetto Santo Spirito. Sei a zero, ma perché gli avversari non sono scesi nemmeno in campo. Ieri sera il consiglio comunale di Borghetto ha approvato la modifica allo statuto dell’Unione dei Comuni “Riviera delle Palme e degli Ulivi” che autorizza i paesi membri (cioè la stessa Borghetto, Loano, Boissano, Toirano, Balestrino, Pietra, Borgio, Tovo, Magliolo e Giustenice) a recedere dal consorzio prima del termine minimo dei tre anni previsto dalla precedente versione del documento.

L’emendamento era già stato portato in discussione a fine aprile, ma non aveva passato il vaglio del parlamentino locale. La pratica, infatti, aveva ottenuto il favore dei sette consiglieri di maggioranza ma non dei quattro di minoranza, cioè Moreno, Angelucci, Villa e Picasso. La norma stabilisce che la modifica deve essere approvata dai due terzi dei consiglieri: a Borghetto il numero totale dei membri del consiglio è undici, quindi la pratica non era passata.

Dopo un secondo tentativo andato nuovamente a vuoto per lo stesso motivo la settimana scorsa, ieri sera c’è stata la terza e ultima prova. Per far passare la pratica stavolta bastava la maggioranza assoluta, quindi metà dei consiglieri più uno. Essendo la maggioranza composta da sette membri, bastava che tutto il gruppo del sindaco Gianni Gandolfo votasse a favore per rendere operativo l’emendamento.

Ma non ce n’è stato bisogno. I quattro consiglieri di minoranza, infatti, non si sono presentati. A votare, quindi, sono stati solo i membri della maggioranza (escluso il vice sindaco Maria Grazia Olia assente per motivi personali). Tale modifica deve essere discussa e approvata da tutti i Comuni soci e in seguito deve essere ratificata dal consiglio dell’Unione perché possa diventare effettiva. Se anche soltanto un parlamentino locale non approverà la variante, allora questa non sarà valida e il “diritto di recesso” anticipato non sarà valido. Dopo che sarà stato discusso anche nel consiglio dell’Unione, l’emendamento sarà reso efficace e i Comuni potranno recedere dal consorzio.

I membri della minoranza di Borghetto hanno scelto di non partecipare per i motivi espressi già in occasione della riunione di fine aprile. “Mesi fa – avevano detto Roberto Moreno e Bruno Angelucci del Pdl rivolti ai loro avversari – vi siete presentati qui in consiglio chiedendoci di approvare l’ingresso in una Unione. Ora siete tra i sette che ne hanno decretato il fallimento e chiedono di uscirne. La scelta di procedere in questo modo è di certo dovuta alla necessità di tutelare i piccoli interessi dei singoli comuni che vogliono andarsene. Ciò non fa altro che confermare l’idea che a stabilire le Unioni dei Comuni debbano essere le prefetture, perché gli amministratori a volte non sono in grado di gestire la tanta democrazia di cui beneficiano”.

“I Comuni – avevano aggiunto – si lamentano sempre del fatto di non avere la forza necessaria ad operare con incisività per i tagli, le difficoltà, le scelte che arrivano dal Governo. Un esempio è il controllo del territorio: nonostante i tanti problemi che emergono continuamente, non si è fatto nulla per adeguarsi ai tempi. Il recesso è una sconfitta: il nostro territorio, per dimensioni e caratteristiche, si prestava bene alla costituzione di una Unione”.

Luigi Picasso del Gruppo Misto aveva aggiunto: “Sono molto deluso. Mesi fa vi siete presentati qui chiedendoci con grande enfasi di votare per l’Unione come se rappresentasse la soluzione grazie alle tante ottimizzazioni che prometteva. Ora questo”.

Il capogruppo della lista civica “Lega per Borghetto” Paolo Villa (che è consigliere di minoranza nell’Unione per Borghetto) aveva chiosato: “Il primo consiglio dell’Unione è stato fatto in questa sala consigliare per esplicita richiesta del sindaco, ma poi quella sera non c’era nessuno, né il primo cittadino né il consigliere di maggioranza Emanuele Parrinello a fare gli onori di casa. A parte ciò, un elemento che ha sempre complicato il lavoro dei consiglieri, specie quelli di minoranza,è stata la scarsa quantità di informazioni che è arrivata: nessuno di noi è mai riuscito a sapere cosa stessero progettando i sindaci. A cominciare dalla decisione di recedere. Nessuno ce ne ha mai spiegato i motivi”.

Ha aggiunto: “La modifica allo statuto va in contrasto con un altro articolo a proposito della permanenza dei membri all’interno dell’Unione. L’emendamento autorizza l’uscita anticipata, ma più sopra viene chiaramente indicato che non è possibile recedere prima di tre anni. Credo che questo possa costituire un vizio di forma in grado di vanificare l’intero documento”.

Gandolfo e Parrinello avevano ribattuto: “Abbiamo deciso di uscire dopo aver assistito alle defezioni dei cinque paesi della Val Maremola. A questo punto l’Unione così come era nata non esisteva più e quindi non aveva senso rimanere. Abbiamo preso una vera e propria facciata, ma in parte è stata anche colpa della fretta che ci hanno messo i tecnici, che hanno sottolineato la necessità di aderire ad un’Unione entro il 31 dicembre 2014 pena il commissariamento. Noi non eravamo obbligati, ma abbiamo deciso di aderire ugualmente. Tra l’altro già nel 2012 noi avevamo avviato un percorso di integrazione coi paesi della Val Varatella, Toirano e Balestrino, per la creazione di strategie comuni. Ora ci riproveremo. Occorre trovare accordi per la ricostruzione del tessuto del territorio”.

E sulla loro assenza in occasione del primo consiglio: “Quella riunione è stata convocata con un atto di forza. Non c’era alcun obbligo di convocarla entro i trenta giorni dalla sottoscrizione dello statuto da parte di tutti i soci. La possibilità che i paesi di area pietrese potessero uscire dal consorzio era già sul tavolo. C’è stato un fitto scambio di documenti e comunicazioni e ad un certo punto i toni sono diventati anche piuttosto pesanti. Tanto che qualcuno ha anche detto, senza mezzi termini: ‘Ve la farò pagare in altra sede’. A questo punto, per quanto fossimo in casa nostra, non ce la siamo sentita di fare i ‘bravi padroni di casa’”.

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