Tre a giudizio

Savona, rapina a casa dell’avvocato Roseo: in aula la testimonianza del legale

In aula hanno deposto il legale savonese e la figlia che quel giorno era in casa con lei

Savona. Hanno ricordato i terribili momenti in cui i banditi le hanno minacciate e tenute in “ostaggio” per svaligiare la cassaforte di casa. Il processo per la rapina nell’appartamento dell’avvocato savonese Emi Roseo questa mattina è ripreso proprio con la testimonianza del legale savonese e della figlia che, quel giorno, era nell’appartamento con lei.

A giudizio, con ruoli e compiti diversi, ci sono Andrea Chimenzo, Anselmo Graziano e l’albanese Erjon Hoxhai (per il suo connazionale Dimitraq Kalemai invece si procede separatamente perché è risultato irreperibile e, di conseguenza, la sua posizione è stata stralciata dal procedimento “madre”).

L’episodio risale al febbraio di tre anni fa: la professionista savonese e la figlia allora quattordicenne per quasi venti minuti erano state tenute in ostaggio dai rapinatori nella casa di via Famagosta. I banditi si erano poi fatti aprire la cassaforte ed avevano rubato tutto il contenuto. Secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti il colpo sarebbe stato organizzato da Andrea Chimenzo che l’avrebbe messo a segno con l’aiuto dei due albanesi: Erjon Hoxhaj, che sarebbe entrato con lui nell’appartamento, e Dimitraq Kalemai, che invece sarebbe rimasto in strada, a fare da palo.

Graziano (figlio della donna delle pulizie che aveva accesso all’alloggio dell’avvocato) invece sarebbe stato il basista del gruppo che secondo la squadra mobile, avrebbe dato informazioni preziose (ad esempio sulla presunta presenza di soldi e preziosi nella cassaforte e sulle abitudini di Emi Roseo e dei suoi familiari) all’amico Chimenzo.

Questa mattina in aula l’avvocato Roseo ha ricordato quanto successo: “Ero in bagno, hanno suonato, sono andata ad aprire e mi sono ritrovata con un coltello puntato alla gola. Poi quell’uomo mi ha trascinata, sbattuta sul letto e infine mi ha detto che voleva i soldi”.

Il legale ha poi spiegato di non aver mai avuto rapporti con gli imputati: “Anselmo lo conoscevo appena, ma solo perché avevo ricevuto un mandato per tutelarlo in un procedimento in cui era parte lesa per un’aggressione. Per quanto riguarda Chimenzo il mio collega Biondi, che lo difende, il giorno dell’arresto mi telefonò per chiedermi di sostituirlo durante l’interrogatorio. Stavo andando in carcere quando ho scoperto, attraverso la telefonata di un cronista, che era accusato della rapina a casa mia e, di conseguenza, ho avvisato il collega della mia incompatibilità”.

Dopo di lei è stata ascoltata anche la testimonianza della figlia dell’avvocato che ha raccontato: “Ero in camera e ho visto arrivare un uomo incappucciato. Si è sfilato la cintura dei pantaloni e mi ha legato le mani. A quel punto mi ha buttato addosso un piumino e quindi non vedevo nulla e non so dire cosa succedeva nelle altre stanze dove c’era mia mamma. Quell’uomo parlava albanese, ma non l’ho visto in faccia perché aveva una calzamaglia nera”.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, quel giorno, i rapinatori avevano aspettato che l’avvocato tornasse a casa dalla passeggiata che tutte le mattine faceva con il cane, poi era scattato l’assalto. Per l’accusa Hoxhaj aveva tenuto ferma sul letto la figlia del legale, mentre Chimenzo, armato di un coltello, si occupava della professionista e di svuotare la cassaforte. Ad incastrare i tre, oltre agli accertamenti della polizia (e dei carabinieri che nella prime battute dell’indagine avevano raccolto importanti elementi investigativi) sarebbero state anche le telecamere della zona, in particolare quelle della sede de “La Destra”, che li avrebbe filmati mentre si aggiravano davanti al palazzo di via Famagosta dove abita l’avvocato.

Secondo una perizia antropometrica sarebbero però da escludere compatibilità tra le persone riprese nelle immagini acquisite dagli inquirenti e gli imputati (difesi dagli avvocati Ballabio, Carminati, Biondi e Calamaro) che hanno sempre respinto le accuse. I difensori già davanti al gup avevano sollevato dubbi sulle prove raccolte contro i quattro: in particolare proprio la perizia antropometrica che aveva dato esito negativo. Prossima udienza a maggio.

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