Loano. Il caso del quadro sparito dalla villa di Loano di Antonio Fameli si arricchisce di un altro capitolo. Dopo che per questa vicenda l’ex imprenditore di origini calabresi è stato rinviato a giudizio con le accuse di violazione dei sigilli e asportazione di materiale sotto sequestro, la Procura di Savona ora ha infatti aperto un fascicolo contro ignoti per chiarire se, come sostiene Fameli in un esposto, durante le indagini siano state verbalizzate delle inesattezze.
Secondo la tesi difensiva di Fameli, che è assistito dall’avvocato Gian Maria Gandolfo, l’accusa di violazione dei sigilli contestata sarebbe basata sulla presenza di un quadro, raffigurante il volto di Cristo (che ha la particolarità di “seguire” con lo sguardo la persona che lo sta osservando), originariamente sistemato nella villa della via Aurelia al numero 271, finita sotto sequestro, e che poi è stato ritrovato nell’abitazione di via Boccaccio, l’alloggio dove l’imputato si era stabilito dopo l’arresto.
Quando il quadro di Cristo fu trovato nella casa di via Boccaccio nei confronti di Fameli si concretizzò l’accusa di violazione dei sigilli: secondo gli inquirenti, anche sulla base delle testimonianze del curatore giudiziario, il quadro infatti era stato spostato da una residenza all’altra quando la villa era già sotto sequestro e “provava” che a violare i sigilli sarebbe stato proprio il padrone di casa.
Una tesi che, attraverso 17 pagine di esposto, Fameli ha smontato documentando come nella ricostruzione degli inquirenti ci sarebbero molte inesattezze. In particolare, sempre secondo l’imputato, gli inquirenti avrebbero fatto confusione tra i numerosi quadri presenti nella villa dove c’è anche un secondo ritratto di Cristo sulla croce (anch’esso con la particolarità di “seguire” con lo sguardo chi lo sta osservando) che non è mai stato spostato.
Ma c’è di più: a sostegno delle accuse lanciate nell’esposto ci sono anche quattro video (di cui solo due acquisiti dagli inquirenti), ripresi con il cellulare del figlio della compagna di Fameli al momento di lasciare la casa, che testimonierebbero come il quadro di Cristo in questione fosse già stato spostato prima che venissero messi i sigilli nel giugno del 2012.
Fameli, che era stato arrestato nell’ambito dell’Operazione Carioca nel marzo 2012 (con le accuse di riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, reati tributari, attività abusiva di intermediazione finanziaria e falso in atti notarili) sostiene quindi di non aver mai prelevato il quadro senza autorizzazione e, di conseguenza, di non aver mai violato i sigilli della villa come gli viene contestato. Il processo per questa vicenda riprenderà il prossimo aprile, ma nel frattempo Fameli spera che l’indagine aperta in seguito al suo esposto aiuti a fare chiarezza.