Savona. E’ stata assolta “perché il fatto non sussiste” Patrizia Comparelli, la 44enne di Loano finita a processo insieme ad Antonio Fameli con l’accusa di usura. La sentenza della corte d’appello di Genova, che ribalta quella di condanna (un anno e quattro mesi di reclusione e 4 mila euro di multa con la sospensione condizionale e la non menzione nel casellario della pena) emessa in primo grado dal tribunale di Savona nel 2013, è arrivata ieri.
Gli episodi che venivano contestati ad Antonio Fameli (difeso dagli avvocati Gian Maria Gandolfo e Maurizio Frizzi) e a Patizia Comparelli (difesa da Carla Adorno) risalivano al febbraio-marzo del 2006. Secondo la procura, Fameli aveva approfittato del momento di difficoltà economiche e finanziarie della proprietaria della struttura ricettiva loanese per erogarle il prestito facendosi dare, al momento della consegna dell’importo, 600 euro in contanti a titolo di interessi con l’accordo di restituire i soldi entro 30 giorni (la difesa aveva sostenuto che le tempistiche per restituire la somma fossero invece state fissate in quattro mesi).
Un accordo che era stato rispettato dal gestore dell’hotel che, tramite quattro assegni intestati alla presunta complice Patrizia Comparelli (che nella vicenda avrebbe svolto il ruolo di intermediario), aveva restituito i diecimila euro. Denaro che la donna, a sua volta, secondo quanto contestavano gli inquirenti, aveva poi girato a Fameli.
Ieri mattina però le accuse sono cadute e la Corte d’Appello (anche il procuratore generale aveva chiesto l’assoluzione) ha ribaltato la sentenza di primo grado. All’inizio dell’istruttoria, i giudici della corte hanno chiesto di acquisire la documentazione contabile che potesse provare il passaggio di denaro. In questa fase, non sono stati individuati elementi probatori (come matrici di assegni o passaggi di denaro sui conti) che confermassero l’esistenza degli assegni. Da qui la scelta di far cadere le accuse.