Il lavoro che non c'è

Nel Savonese vivono 92 mila pensionati, ma il numero cala

L'analisi economica del parlamentare savonese Anna Giacobbe (Pd)

anna giacobbe

Savona. “I 92 mila pensionati savonesi portano in provincia oltre un miliardo e seicento milioni di reddito. Si tratta di un contributo essenziale all’economia locale, ma porta con sé una serie di problemi”. L’analisi è del parlamentare savonese Pd Anna Giacobbe, che nel sindacato Cgil si era occupata proprio di pensionati.

“In provincia di Savona erano 96.417 nel 2009 e il loro numero è progressivamente calato (4000, oltre il 4% in meno in quattro anni) – sottolinea Anna Giacobbe – Le pensioni di lavoratori dipendenti con decorrenza 2009 erano 1852, quelle con decorrenza 2013 1478, quasi 400 in meno, circa il 20%; le pensioni dei lavoratori autonomi con decorrenza 2009 erano 1265, quelle con decorrenza 2013 1192”.

Che cosa è successo allora? “La stretta nella possibilità di andare in pensione prodotta dalle norme di fine 2011 si è manifestata proprio nel periodo più difficile della crisi economica. Molte persone hanno perso il lavoro e non hanno potuto accedere alla pensione. Non si tratta solo degli esodati (coloro che hanno firmato accordi di esodo o di mobilità o che abbiano l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria del versamento dei contributi entro dicembre 2011) – rileva la parlamentare savonese – Una buona parte di loro è stata salvaguardata dai provvedimenti che abbiamo approvato, con grande fatica; molti  non hanno ancora una soluzione. A queste persone si aggiungono coloro che hanno perso il lavoro dall’inizio del 2012 in poi”.

Altro dato che fa riflettere: “Sotto i mille euro lordi c’è oltre il 37% dei pensionati (importo medio 7.500 euro annui); di questi il 70% sono donne. Sopra i 3000 euro mensili lordi (circa 2100 netti) ci sono 4824 pensionati, il 5,3 % del totale: di questi le donne (1071) sono solo il 22,2%. Nei giorni scorsi – dice Anna Giacobbe – si è parlato di quanto il blocco dell’adeguamento automatico al costo della vita abbia provocato un perdita di potere d’acquisto per ciascuno, ma anche una riduzione della ricchezza a disposizione dei consumi e quindi della “domanda interna”. Il valore delle pensioni, attuali e future, ha a che fare con la lotta alla povertà”.

Per Anna Giacobbe “è necessario un meccanismo efficace di difesa del potere d’acquisto per le pensioni in essere, la possibilità di aumentarle quando cresce l’economia, soprattutto le più basse, e un intervento sulle regole con le quali si costruiscono le pensioni future”. E lo dice analizzando anche ad altri parametri: “Il valore medio delle pensioni a Savona, 17.271 lordi, è più alto della media nazionale, 16.637. Ma è la differenza tra uomini e donne che dice qualcosa di più: l’importo medio delle pensioni degli uomini è di circa 21 mila euro a Savona, 19.686 la media nazionale, una differenza di 1300 euro annui, oltre il 6%: lavoro dipendente, che quindi ha un significativa copertura contributiva, impegnato in misura consistente, certo non esclusiva, nell’industria e nei trasporti, lavoro che nei decenni passati aveva una sua stabilità. La differenza tra il valore medio delle pensioni delle donne del Savonese (14.099 euro lordi annui) e la media nazionale, neppure l’uno e mezzo per cento, è significativo, invece, di una presenza sul lavoro “debole” delle donne, come nel resto del Paese: lavori spesso discontinui e sottopagati, pensioni di reversibilità pesantemente decurtate. Il valore delle pensioni rispecchia la vita lavorativa delle persone e, a livello collettivo, la storia economica dei territori”.

Per Anna Giacobbe “lavorare, essere in regola, avere continuità di lavoro, avere copertura dei periodi di disoccupazione o impegnati nel lavoro di cura: era e resta il modo per costruire pensioni dignitose.

Detto questo le regole del sistema previdenziale vanno cambiate: la manovra Fornero ha creato ingiustizie per i lavoratori anziani e soprattutto per le lavoratrici, ha reso più incerto il futuro per i giovani, non ha risolto il problema di un sistema equo di rivalutazione delle pensioni in essere”.

Infine un’ultima considerazione: “Il 57% del totale sono ultra settantenni, il 4,6 % gli ultra novantenni, il 57% degli ultra settantenni  e il 75% degli ultra novantenni sono donne. I più anziani non hanno redditi più bassi della media degli altri pensionati, ma hanno sicuramente esigenze di cura e di assistenza molto significative: alla crescita della “aspettativa di vita” non corrisponde una analoga “aspettativa di vita in salute”.

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