Savona. A caldo, al termine della scorsa udienza, avevano definito le richieste di condanna “sensazionalistiche”, parlando di accuse “illogiche e contraddittorie”.
Questa mattina in Corte d’Assise, nella nuova udienza del processo per la morte sul lavoro a Bardineto di Gheorghe Vladut Asavei, gli avvocati Giorgio Zunino ed Alessandro Cibien nel corso della loro arringa difensiva hanno motivato in dettaglio perché secondo loro le contestazioni mosse dalla Procura ai fratelli Angelo, Emilio e Nadia Oddone, titolari dell’omonima azienda agricola, e alla dipendente Giuseppina Ferrara, sarebbero cadute tutte nel corso del dibattimento.
Gli imputati, è bene ricordarlo, sono accusati di omicidio volontario (sotto il profilo del dolo eventuale), violenza privata, lesioni, falso e di violazione delle normative sulla sicurezza sul lavoro (reato che il pm ha contestato in un secondo momento). L’ipotesi dell’accusa è che i quattro non prestarono i soccorsi in maniera corretta: quel giorno, il 27 agosto del 2009, infatti non fu allertato il 118, ma i feriti, oltre alla vittima si era infortunato anche il suo collega Dragan Novakovic, furono accompagnati in ospedale con mezzi privati.
I difensori hanno smontato una ad una le tesi del pubblico ministero Giovanni Battista Ferro (che ha chiesto 20 anni di reclusione per Emilio e Nadia Oddone, diciotto per il fratello Angelo e quindici per Giuseppina Ferrara). In estrema sintesi (le arringhe degli avvocati Cibien e Zunino sono durate un paio d’ore), i legali degli Oddone hanno sostenuto che l’ipotesi dell’omicidio volontario sotto il profilo del dolo eventuale non possa essere contestata alla luce del pronunciamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 18 settembre 2014, la sentenza per il noto incidente occorso alle acciaierie della Thyssen Krupp.
“Le sezioni unite nel confermare che, in quel caso, l’elemento psicologico degli imputati corrispondeva alla colpa (cosciente) e non al dolo (eventuale), nel dirimere alcuni contrasti interpretativi sulla nozione e la portata del dolo eventuale, hanno offerto un’interessante panoramica sulla dottrina e giurisprudenza formatasi sul tema del dolo eventuale e della colpa cosciente. Perché possa verificarsi l’ipotesi dolosa occorre che ci sia la volontarietà, cioè assume rilievo discriminante il momento della volizione. Ma allora bisogna chiedersi se gli imputati avessero previsto che sarebbe successo tutto questo avrebbero agito così? La risposta è no perché non ne avrebbero avuto motivo: un infortunio mortale sarebbe stato controproducente e non certo voluto da qualsiasi imprenditore dotato di un minimo di razionalità” ha detto l’avvocato Cibien.
La difesa ha poi analizzato le altre ipotesi di reato smontandole tutte: a partire dall’ipotesi di omicidio e di lesioni colpose che – sempre secondo i legali – non sussiste perché non è stata “accertata l’inosservanza da parte degli imputati di norme cautelari di cui essi sarebbero garanti”. Gli avvocati Cibien e Zunino hanno sottolineato più volte come il “grande assente” del processo sia stato “l’infortunio sul lavoro”, precisando che a carico degli Oddone (e ancora meno di Ferrara che non è nemmeno un datore di lavoro) non risultano violazioni delle normative sulla sicurezza sul lavoro.
“Il mezzo cingolato è risultato in perfette condizioni, i lavoratori erano regolarmente assunti e formati” ha precisato l’avvocato Cibien che ha anche sottolineato come, vista la dinamica dell’incidente, sia anche interrotto l’eventuale nesso di causalità tra la condotta dei datori di lavoro e l’evento che ha causato la morte del dipendente: “Gli Oddone avevano vietato ad Asavei di usare il mezzo, ma quel giorno lui si era messo alla guida provocando l’incidente. Il suo comportamento, ‘abnorme e atipico’, quindi si inserisce nella serie causale degli eventi interrompendone la riconoscibilità al datore di lavoro”.
Infine i difensori hanno analizzato anche il profilo dell’omissione di soccorso aggravata concludendo che nemmeno questa accusa può sussistere: “Gli imputati si sono attivati per aiutare i feriti anche se non chiamarono il 118 e in ogni caso le considerazioni espresse i merito all’assenza di elemento soggettivo valgono anche in questo caso. Loro hanno soccorso come meglio credevano”.
L’avvocato Zunino si è soffermato anche su tutte le altre accuse contestate chiedendo l’assoluzione degli imputati: “Non ci sono i presupposti per contestare la violenza privata: Novakovic non subì minacce o pressioni per raccontare una versione dei fatti alternativa, né tantomeno fu costretto a nominare un avvocato scelto dagli imputati”.
Sempre questa mattina, in aula, hanno discusso anche gli avvocati di parte civile (i legali Francesca Rosso, Fabio Ruffino e Franco Aglietto) che si sono allineati alle conclusioni del pubblico ministero. Il processo è stato poi rinviato per repliche al prossimo 11 maggio quando, salvo sorprese, dovrebbe arrivare anche la sentenza.