Savona. Testimonianze così lontane tra loro da essere agli antipodi. Sono quelle intorno alle quali questa mattina si è snodata l’udienza del processo a Massimiliano Casareto, il quarantaseienne genovese arrestato nel giugno dell’anno scorso con l’accusa di violenza sessuale per i presunti abusi che avrebbe commesso (si parla di baci, carezze e toccamenti) nei confronti di tre ragazzini ospiti della casa famiglia “La Mimosa” di Celle Ligure, che lui gestiva insieme alla moglie.
In aula, oltre al sostituto commissario della squadra mobile Graziella Satariano, sono stati ascoltati due ragazzi, oggi maggiorenni, che erano stati ospiti della casa famiglia. I testimoni hanno offerto due visioni diametralmente opposte della vita nella casa famiglia gestita dall’imputato: uno ha confermato le accuse, parlando di “maltrattamenti psicologici”, mentre l’altro ha parlato di una situazione “tranquilla” nella quale Casareto e la moglie “non facevano mancare nulla”.
Ad accusare Casareto sono proprio tre ex ospiti della struttura (all’epoca dei presunti abusi avevano dai 13 ai 17 anni), che si sono anche costituiti parte civile nel procedimento. In particolare, in più occasioni, dal 2001 al 2006, secondo la Procura, l’educatore si sarebbe infilato nel letto di uno di loro abbracciandolo, baciandolo e accarezzandolo. Comportamenti che, dal 2005 al 2009, avrebbe avuto anche con un secondo ospite della struttura. Infine anche il terzo ragazzo avrebbe ricevuto “attenzioni particolari” in un caso dopo aver appena finito di fare la doccia.
La deposizione più lunga è stata quella della sorella di uno dei ragazzi che ha denunciato Casareto, che dal 2001 al 2011, ha vissuto nella casa famiglia di Celle insieme al fratello. La ragazza, il 12 febbraio del 2014 ha consegnato all’avvocato Gianfranco Nasuti una lettera-memoria nella quale, descrivendo alcuni ricordi del periodo nella comunità, di fatto confermava le accuse contro l’educatore: “Ho assistito alla scena in cui Massimiliano si infilava nel letto di alcuni ragazzi. Quando succedeva nessuno poteva entrare nella stanza e se accadeva lui si arrabbiava dicendo che era un momento tra ‘padre e figlio’. Questo lo faceva solo con i maschi, mai con le bambine”. La lettera raccontava anche di un episodio in cui la ragazza aveva visto Casareto “inginocchiato davanti alla porta del bagno che spiava i ragazzi dalla serratura”.
Dichiarazioni che sono state tutte confermate dalla testimone che ha spiegato: “Sono cresciuta con il complesso di non essere amata, Massimiliano guardava solo i maschi ed era affettuoso solo con loro”. La ragazza ha anche lanciato accuse precise: ”Non ho mai subito maltrattamenti fisici, ma psicologici si: molti. Ero denigrata per le mie origini, per i chili di troppo, per quello che facevamo i mie genitori”.
Parole che hanno fatto emergere un quadro dai contorni ben precisi, ma che è stato subito messo in discussione dal controesame dei legali di Casareto (avvocati Scopesi e Raimondo). I difensori dell’imputato infatti hanno mostrato in aula una serie di disegni, lettere, fotografie nella quali la ragazza, allora minorenne, esternava il suo affetto verso Casareto e la moglie (“vi voglio bene”, “non vorrei mai andarvene”, “Sarete sempre la mia famiglia”, “il vero regalo sarebbe essere adottata da voi” scritto in una lettera a Babbo Natale). Gesti d’affetto che la testimone non ha rinnegato, ma ha motivato così: “Sono arrivata nella casa famiglia che avevo 5 anni. Il mio mondo ruotava intorno a Massimiliano e sua moglie, erano i miei riferimenti, non avevo quasi nessun rapporto con mia mamma e quindi cercavo il loro affetto”.
Sul cambio di opinione “radicale” nei confronti dell’imputato avvenuto in poco tempo, come ha fatto rilevare la difesa, la sorella di una delle presunte vittime ha spiegato: “Solo quando mi ha contattato mio fratello e mi ha raccontato quello che gli era successo ho capito la gravità dei comportamenti di Casareto, prima non la percepivo. Per me erano la mia famiglia e non capivo la gravità di certi atteggiamenti, pensavo fossero normali”.
A fornire una descrizione opposta della vita nella casa famiglia “La Mimosa” è stato l’altro testimone di giornata, un ragazzo che è stato ospite della comunità tra il 2005 ed il 2006, quando frequentava le scuole medie. Secondo il suo racconto non è vero che Massimiliano e la moglie si facevano chiamare “papà” e “mamma” dagli ospiti (come riferito anche dal sostituto commissario Satariano) e nemmeno che si comportavamo male: “Sono persone squisite e non ho mai notato atteggiamenti strani o comportamenti sessualmente impropri”.
Il testimone invece ha accusato il ragazzo che per primo ha denunciato Casareto di averlo contattato per chiedergli se anche lui avesse subito abusi: “Mi ha chiesto se era successo qualcosa anche a me. Mi diceva di denunciare, ma io non subito nulla e non mi è successo niente. Lui, ma anche la sorella, insistevano perché raccontassi allora mi sono arrabbiato e gli ho detto di mettersi l’animo in pace e che non mi interessava questa storia”.
L’ex ospite della casa famiglia ha anche riferito di un episodio accaduto dopo che aveva lasciato la struttura e che riguardava sempre una delle presunte vittime degli abusi: “Mi aveva contattato per propormi di fare sesso a pagamento, ma io ho rifiutato. Secondo me quello che racconta non è vero: Massimiliano non mi sembra il tipo” ha concluso.
Il processo riprenderà tra due settimane con l’audizione di altri testimoni tra i quali altri ex ospiti della casa famiglia.