Non s'ha da fare

Unione dei Comuni, il commento di Ivano Rozzi: “Tornare alle norme del 1990”

rozzi

Giustenice. “Perché le unioni funzionino bisogna ritornare alle disposizioni normative di cui all’Art. 26 L. n. 142/1990: creazione e prima disciplina del modello associativo delle Unioni di Comuni. ‘Due o più comuni contermini, appartenenti alla stessa provincia’ potevano costituire un’Unione al fine di esercitare funzioni o servizi congiuntamente. I comuni interessati dal nuovo processo associativo non dovevano superare la soglia dei 5.000 abitanti, con l’unica eccezione di permettere di partecipare per ciascuna Unione ad un solo comune con una popolazione compresa tra i 5.000 ed i 10.000 residenti. Le Unioni avevano una durata non prorogabile oltre ai 10 anni: esse dovevano rivestire un ruolo propedeutico ad una fusione tra comuni, pena lo scioglimento dell’Unione stessa”. A precisarlo è Ivano Rozzi, sindaco di Giustenice, nel commentare la notizia del consiglio “bis” dell’Unione dei Comuni “Riviera delle Palme e degli Ulivi” che si terrà il prossimo 7 aprile.

“Quelle disposizioni derivavano dalla consapevolezza che la riduzione dei piccoli Comuni poteva avvenire solo tramite l’accorpamento, dando un congruo tempo di rodaggio che consentisse anche un periodo di riassetto complessivo di quanto intorno ai piccoli comuni ruota, (consorzi, pro-loco, associazionismo civile e religioso ecc.)”, chiarisce Rozzi. Poi è arrivato l’Art. 6 L. n. 265/1999 e art. 32 del TUEL: “Oltre ad aver introdotto nuove disposizioni sul funzionamento e l’organizzazione delle Unioni, con cui si eliminavano le caratteristiche principali della norma originaria del 1990, tra le quali la taglia demografica fissata a quota 5.000 abitanti per i comuni partecipanti ad Unioni, l’appartenenza alla medesima provincia da parte degli enti locali aderenti, il limite massimo di 10 anni di durata dell’Unione, nonché il carattere precursore di tale forma associativa verso la via della fusione comunale, ha dato atto ad una forma che non può più chiamarsi Unione ma una sorta di Consorzio di Interessi Plurimi Pubblici e non”.

Un soggetto giuridico che, secondo Rozzi, ” si colloca immediatamente sopra le forme di Convenzione ma non centra affatto il senso delle Unioni, che già dalla legislazione ante-Repubblica erano previste per ovviare all’esasperato campanilismo, ridurre le micro rappresentanze e giungere a sistemi amministrativi economici, maggiormente sostenibili e più forti. È stata proprio con questa eliminazione di vincoli stringenti che il fenomeno delle Unioni ha potuto diffondersi sul territorio nazionale: dove sino al 1999 si contavano infatti una quindicina di Unioni in Italia”.

Il problema, denuncia il sindaco di Giustenice, è proprio qui: “Oggi queste forme, così come attuabili, sono destinate a rimanere Consorzi camuffati nel nome e nella sostanza, senza offrire alcunché dal punto di vista del riordinamento locale dei Comuni che non risparmieranno nulla da questa forma. Molto meglio allora lasciare le forme di Convenzione sui Servizi Comunali e che ciascun Comune ne risponda davanti ai Cittadini del risultato e dei relativi costi”.

“La proposta dei Consiglieri di opposizione di Tovo S.Giacomo può solo intendersi una forma di primo soccorso offerta ai Comuni della defunta Unione delle Palme, in particolare offerta al Comune di Tovo S.Giacomo che così si candiderebbe al governo della Maremola – conclude Rozzi – Una soluzione da rifiutare in toto in quanto l’unica forma di Unione della Valmaremola che potrebbe forse reggersi in piedi anche economicamente, come ho sempre sostenuto, è quella con Pietra Ligure capofila, ma che avvenga dentro una complessiva riformulazione delle piante organiche e dei servizi. Il resto è tempo e denaro sprecato“.

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