Savona. “Con la presente gli scriventi chiedono alle autorità preposte di velocizzare le procedure di verifiche relativamente alle contestazioni mosse nei confronti dei titolari delle ditte e di tenere altresì conto che i dipendenti hanno diritto a lavorare anche in una condizione di controllo giudiziario”. Mittente i dipendenti di Scavo-Ter e P.D.F., le aziende del gruppo Fotia; destinatari Matteo Renzi, i ministeri di Giustizia e Lavoro, il vescovo di Savona Vittorio Lupi e i sindacati.
Scelgono la strada della lettera i lavoratori del gruppo Fotia che, dal giorno del sequestro, non possono più lavorare. I cantieri ci sono, i clienti anche: quello che manca sono i mezzi, bloccati dall’ordinanza. A più riprese i dipendenti delle due aziende hanno lanciato il loro grido d’allarme: “Indagate pure, ma lasciateci lavorare”. Il rischio, raccontavano, è quello di veder svanire le residue speranze di ripresa dell’azienda: più il tempo passa più i committenti si defilano, davanti ai cantieri vuoti e ai tempi che si allungano.
E ora i lavoratori hanno trasferito quelle angosce su carta e le hanno spedite al presidente del Consiglio, con la speranza che serva a smuovere la situazione. Da più di una settimana, raccontano,” vivono una condizione umana, psichica ed economica, alla vita della prostrazione e condizionata da angosce di ogni genere. Da 10 anni svolgono attività lavorativa consentendo alle famiglie di vivere in modo dignitoso e affrontare in modo dignitoso tutte le emergenze quotidiane. Il provvedimento adottato dalla magistratura inquirente ha tenuto conto delle necessarie verifiche investigative poste a fondamento delle ragioni giudiziarie, ma ha estromesso violentemente le ragioni dei dipendenti; come prima si diceva ragioni di sopravvivenza e di vita”.
Da qui la decisione di inviare la missiva, con la quale i lavoratori “auspicano che tutto si risolva entro breve accertando, se ve ne sono, responsabilità dei singoli, ma invocano una attenzione e una sensibilità particolare nei confronti dei diritti dei più deboli e dei più indifesi, in questo caso appunto i dipendenti”. Mentre “se l’iter procedurale sarà lento, penoso ed agonizzante – avvertono – sarà il tempo per chi vuole solo difendere lavoro e dignità umana“.