Albissola Marina. Bruno “Taurus” Tanda, mister degli Allievi ’99 dell’Albissola, è da un quarto di secolo uno dei migliori allenatori di calcio giovanile della provincia; la sua è stata una scelta di vita, che l’ha portato a lavorare con successo per 3 anni nello Zinola, 7 nel Savona, 13 nel Vado e 3 nell’Albissola.
Stiamo parlando, dunque, di un “fedelissimo”, che raramente cambia bandiera e quando lo fa, spesso riappare sul luogo del delitto!
Come mai hai deciso in questa stagione di ritornare ad allenare il settore giovanile della squadra del presidente Saviozzi?
“Una scelta semplice… naturale, direi. L’Albissola è una società seria, dove si lavora bene, con un responsabile tecnico (ndr, Marcello Acquarone), che porta avanti progetti a lunga scadenza. Certo, il lavoro da sviluppare è problematico, dato il ‘saccheggio’ costante da parte di altre realtà, ma le idee sono chiare e quindi non resta altro che tirarsi su le maniche”.
L’ex difensore di Inter, Nazionale, ma anche Sampdoria, Riccardo Ferri, ha recentemente puntato il dito sulla scuola, sulla sua mancanza di infrastrutture, palestre e sulle scarse ore di educazione fisica a disposizione dei ragazzi. Quasi un altro pianeta, rispetto quanto avviene all’estero, dove le federazioni sportive lavorano in sinergia con i Ministeri dell’istruzione, con l’obiettivo di veder crescere la cultura di ogni atleta… pensi sia possibile un cambio di rotta anche da noi?
“Partendo dalla considerazione che in Italia la cultura sportiva è purtroppo carente in molti componenti, un cambio di rotta è quanto meno auspicabile; le attività motorie vanno incentivate, partendo dagli atleti più piccoli. I progressi di nazioni come Spagna, Francia e Inghilterra, sono davanti agli occhi di tutti”.
Limitandoci al mondo del calcio, come non constatare che l’atteggiamento di tecnici e dirigenti, fin dai primi calci, tende ad inculcare ai ragazzini l’idea di dover innanzi tutto vincere? E il lato ludico?
“L’attività delle scuole calcio è importante, perché è lì che si gettano le basi per il futuro. E fortunatamente, esistono ancora società in cui il lavoro è mirato alla crescita del giocatore.
Realtà come Savona, Vado, Veloce e Albissola ne sono pregevoli esempi. Inoltre l’abbondanza di ragazzi che “ci vogliono provare”, permette ai settori giovanili di auto-sostenersi finanziariamente, fornendo la possibilità di affidare i piccoli atleti a tecnici qualificati e preparati ed in condizione di pianificare al meglio il lavoro da svolgere”.
In un recente passato hai ricoperto il ruolo di responsabile tecnico del settore giovanile del Vado, se un giorno ti fosse data l’opportunità di ripetere questa esperienza dirigenziale, come programmeresti il lavoro con i tuoi istruttori? E su quali criteri li sceglieresti?
“Per raccogliere i frutti di un tale lavoro, è necessario un lasso di tempo di sette/otto anni. Partendo dalla scelta di allenatori con la stessa filosofia sportiva di chi tiene le fila; indispensabile, poi, il confronto quotidiano su quanto si è fatto, si sta facendo e si farà. Alle spalle deve esserci ovviamente una società che creda ciecamente in tale progetto e che non abbia l’ansia dei risultati”.
Recentemente sono stato invitato a una conferenza che trattava argomenti riguardanti l’importanza dei settori giovanili. Molti addetti ai lavori, quasi in coro, hanno affermato che i problemi sono spesso legati al comportamento dei genitori. Le pressioni messe addosso ai figli sono un carico da novanta nello zaino dei ragazzi. Lo pensi anche tu?
“A livello giovanile, i genitori sono importanti perché aiutano a risolvere molte situazioni logistiche; alcuni riescono a stare in posizione defilata, fidandosi del lavoro dei mister, altri invece assumono spesso atteggiamenti fuori dalle righe, senza rendersi conto che il risultato non può essere che il disamoramento di chi pensano di proteggere, con risultato finale di vedere il getto della spugna. Sorvolo poi sugli spiacevoli episodi, che a volte avvengono sugli spalti… ma qui torniamo alla fonte: la mancanza di cultura sportiva di cui parlavamo prima”.