Cronaca

Scomparsa di Edoardo Rossi, il racconto della moglie: “Lo credevo morto” fotogallery

edoardo rossi

Loano. E’ ora ricoverato al Santa Corona di Pietra Ligure e inizia lentamente a stare meglio Edoardo Rossi, il trentanovenne tecnico informatico scomparso per ventiquattro ore, dal tardo pomeriggio di mercoledì e fino a circa le 18 di ieri.

Sua moglie, Debora Arrobbio, può tirare un sospiro di sollievo e raccontare la sua versione (quella vera) su una vicenda che ha avuto molti punti oscuri e che ha tenuto in angoscia le comunità di due paesi, Loano e Borghetto.

“Mercoledì mattina – racconta Debora – con nostro figlio Filippo siamo andati a Genova per una visita medica. Siamo ritornati a casa verso le due. Edoardo mi ha detto che sarebbe uscito subito perché aveva del lavoro da finire”.

In realtà Rossi non è andato a lavorare, ma ha guidato fino a raggiungere Capo Berta. “Ha guidato fino ad esaurire la benzina – precisa meglio la moglie – Arrivato sul Capo è sceso dalla macchina e ha proseguito a piedi verso Diano Marina. Ci sarebbero anche alcuni testimoni che lo avrebbero confermato”.

Questo alle cinque del pomeriggio. Gli agenti della municipale della cittadina imperiese ricevono alcune segnalazioni circa una macchina lasciata “con intralcio” e in situazione “sospetta” sul capo, rilevano la targa, risalgono al nome di Edoardo Rossi e avvertono i loro colleghi di Loano, che si recano presso l’abitazione della famiglia in via Bulasce. Ma non trovano nessuno: “Io non ero in casa – dice ancora Debora – Nessuno della nostra famiglia è stato avvisato”.

Passano le ore. Debora comincia a preoccuparsi e inizia a tempestare il suo numero di telefonate e messaggi. “Il cellulare era ancora impostato in modalità ‘aereo’. Edoardo l’aveva ‘staccato’ al mattino e poi non lo aveva più rimesso in modalità normale”.

La notizia della possibile scomparsa di un loanese comincia a passare sui media. Ivg.it la riferisce per primo. “Ho subito chiamato il 112 e la questura, ho fatto la denuncia di scomparsa (erano le undici di sera) e mi sono precipitata ad Imperia. Quando sono arrivata a Capo Berta lo le ricerche erano già cominciate. Sul posto c’erano i carabinieri, la polizia e i vigili del fuoco, che stavano già montando il campo”.

Debora resta a Imperia fino al mattino alle sei, quando riparte per Loano per una breve visita alla madre. Ma alle nove è già diretta di nuovo verso Capo Berta. “A quell’ora sono arrivati gli uomini del nucleo cinofilo dei vigili del fuoco – aggiunge – La macchina dei soccorritori è stata incredibile. Tutti si sono impegnati in modo eccezionale”.

Le ricerche, come noto, sono andate avanti per tutto il giorno.

A metà pomeriggio è arrivato il colpo di scena: i media hanno rimbalzato la notizia che Edoardo Rossi era stato fermato dalla polfer di Ventimiglia ma era stato lasciato andare. “Edoardo ha passato la notte in stazione a Ventimiglia – racconta Debora – Verso le otto di mattina è stato svegliato dagli agenti, che gli hanno chiesto i documenti e ne hanno registrato le generalità. La denuncia di scomparsa c’era fin dalle undici della sera prima, ma la segnalazione alle forze dell’ordine non era ancora arrivata fino a Ventimiglia”.

Così Edoardo viene lasciato andare, libero di proseguire per la sua strada.

A questo punto, visto il passaggio a Ventimiglia, le ricerche si estendono anche oltralpe.

Ma non ce n’è bisogno. Edoardo chiama a casa e dice di trovarsi a Mentone (“Lui dice di esserci arrivato a piedi”, dice ancora Debora). Qui è avvenuto qualcosa che lo spinge a chiamare aiuto. “Stava camminando in mezzo alla strada – riferisce Debora – quando inavvertitamente ha urtato un bambino circa dell’età di nostro figlio. Il bambino si è scusato, Edoardo lo ha guardato e ha detto di aver visto in lui Filippo”.

A questo punto nella sua mente è scattato qualcosa: “Si è rivolto alla croce rossa di Mentone e ha chiesto di chiamare a casa. Ha chiamato mia madre, perché ha un numero molto facile fatto di numero che si ripetono sempre. C’è stato qualche problema di comunicazione con i militi francesi, ma alla fine siamo riusciti a parlare”.

Immediatamente la famiglia allerta le forze dell’ordine: “Gli uomini della questura di Imperia sono stati tutti eccezionali: si sono offerti di accompagnarmi a prendere Edoardo a Ventimiglia qualora la croce rossa lo avesse portato fino al confine”. Ma non è stato necessario. Debora ha potuto contare sull’aiuto della sua seconda famiglia, cioè la croce bianca di Borghetto: “I miei colleghi militi mi hanno sostenuta in ogni momento”.

Ora Edoardo è tornato a casa, ma Debora ha temuto il peggio: “Per me era morto. Ma se non fossi riuscita a trovarlo sarebbe stato meglio così. Avrei preferito piangerlo da morto piuttosto che non riuscire mai a sapere dove fosse o stare giorni, mesi o anni senza sapere che cosa fosse successo”.

Edoardo non è nuovo ad allontanamenti del genere: “A novembre scorso si era allontanato allo stesso modo. Era arrivato fino a Santo Stefano al Mare. Ma quella volta mi aveva chiamato e si era fatto venire a prendere”.

Stavolta le cose sono andate diversamente: “Sta vivendo un momento particolare. E’ immusonito e stressato e un po’ depresso. Tende a tenersi tutto dentro e quando ha bisogno di scaricare la tensione si isola e si allontana”.

Qualcuno aveva ipotizzato che la sua fosse una “fuga” dovuta a problemi di soldi: “C’è crisi – dice Debora – Edoardo fa il tecnico informatico. Se qualche anno fa i clienti pagavano sempre puntuali, ora non è più così. E’ una cosa che riguarda chiunque faccia un lavoro simile. Ma Edoardo non si è allontanato per problemi di soldi. Non ha vizi, non beve e non gioca”.

Ma non è questo il solo aspetto sul quale Debora vuole fare qualche precisazione. “Si è detto e si è scritto che Edoardo ha ricevuto messaggi minatori. Non è assolutamente vero. Non ha mai ricevuto alcun Sms o telefonata minatoria. Il cellulare che è stato ritrovato in auto insieme al computer non conteneva niente del genere. Se così fosse, la questura lo avrebbe trattenuto per altre indagini e invece mi è stato restituito oggi”.

Ma c’è altro: “L’auto non è mai stata sotto sequestro. Potevo riportarla a casa già ieri, ma c’erano altre cose a cui pensare. Mi è stata riconsegnata oggi perché c’era da organizzare il trasporto dalla Francia fino a Loano”.

Ora Edoardo è a Santa Corona, dove si sta riposando in attesa di tornare a casa da sua moglie da suo figlio Filippo per il quale stravede e che per tutto il tempo ha chiesto dove fosse suo padre. Ma nella loro avventura, Debora ed Edoardo hanno potuto contare su tante persone: alcune sono già parte della loro vita, altre lo sono diventate. “Vorrei ringraziare la dirigente della squadra volante di Imperia Adriana De Biase e il collega Nicola Russo per la loro professionalità, il loro supporto e la loro enorme umanità. Ma tutti i soccorritori sono stati meravigliosi: mi hanno sempre sostenuto e si sono prodigati nelle ricerche con grande impegno. E ringrazio anche tutti i militi della croce bianca che mi sono stati accanto e soprattutto quelli che l’altra sera sono venuti con me a Mentone, cioè Mauro Averame, Hicham El Bettach, Graziella La Cognata, Luca Bogliano, Davide Vigliercio, Maurizio Pisano e Francesco Pasqua”.

Arrivato il lieto fine c’è una piccola “beffa” che, passata la tensione, non può che fare sorridere: “Ci hanno fatto una multa per aver lasciato la macchina in sosta sul Capo Berta”.

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