Savona. Il quadro che raffigura il Cristo con gli occhi cangianti nella villa sotto sequestro di Antonio Fameli, a Loano. Un altro mistero nella vicenda dell’imprenditore di origini calabresi, sotto processo per l’operazione “Carioca” condotta dalla Squadra Mobile di Savona, accusato di riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, reati tributari, attività abusiva di intermediazione finanziaria e falso in atti notarili.
44 immobili tra terreni e abitazioni a Loano (tra cui la villa sulla via Aurelia al numero 271 che aveva ospitato anche la casa da gioco “Las Vegas), Boissano e Borghetto, ma anche società straniere per un valore totale che supera i 10 milioni di euro. Questi i beni sequestrati a Fameli nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria. E all’interno della villa il quadro che, secondo gli organi inquirenti, sarebbe stato asportato dalla casa rimuovendo i sigilli: per questo Fameli è imputato anche per i reati di violazione dei sigilli e asportazione di materiale sotto sequestro. Il quadro era stato rinvenuto, infatti, nella sua attuale abitazione in via Boccaccio a Loano: l’indagine era partita dalla segnalazione del curatore giudiziario dei beni di Fameli.
Questa mattina in Tribunale a Savona si è svolta la prima udienza del procedimento penale. Fameli ha sempre respinto questa accusa affermando che ci sono prove che dimostrano come il quadro fosse stato portato via dalla villa prima dell’azione di sequestro. La difesa dell’imprenditore, rappresentata dagli avvocati Ricco e Gandolfo, aveva presentato un esposto all’Autorità Giudiziaria (archiviato dalla Procura di Savona) contenente ben quattro file video (registrati con un Iphone 4 dal figlio della governante di Fameli), che dimostrano come il quadro al momento del sequestro non fosse più in casa.
Questa mattina il giudice Giannone ha chiesto di acquisire tutto il materiale registrato ed ha aggiornato il processo a marzo 2015, in attesa di valutare gli atti ed i nuovi documenti. La difesa di Fameli è pronta a far valere le sue ragioni anche con altre analisi peritali su video e telefonino, anche perché tra gli elementi di prova a carico di Fameli erano stati considerati solo due dei quattro video.