Savona. Il termine “cocaina” o “droga” non veniva mai utilizzato, ma secondo i poliziotti della squadra mobile era chiaro che Davide Mannarà, 35 anni, e Boro Ribaj, albanese di 31, arrestati la scorsa settimana con l’accusa di aver messo in piedi un traffico di cocaina, nelle loro conversazioni parlavano proprio di stupefacente.
“Macchina nuova”, “quella cosa”, o gli aggettivi come “alti livelli” o “cosa superiore” erano secondo gli inquirenti i nomi in codice usati per non essere scoperti. A tradirli però sono state alcune leggerezze che, per i poliziotti della squadra mobile di Savona, lasciano spazio a ben pochi dubbi sui reali argomenti di conversazione degli incontri o delle telefonate tra Mannarà e Ribaj.
In particolare, ad incastrare Mannarà, è stata la telefonata fatta alle 16.16 del 19 agosto all’operatore spagnolo del corriere che gli avrebbe dovuto consegnare un pacco, una spedizione proveniente da Valencia e contenente 557 grammi di polvere bianca. Sei minuti di conversazione durante i quali appare molto preoccupato per la mancata consegna nei tempi previsti dell’oggetto. Un’apprensione che, effettivamente, aveva ragione di esistere visto che il pacco era stato intercettato a Malpensa dalla guardia di Finanza e, di conseguenza, era in ritardo.
Mannarà, che chiama dalla stessa utenza telefonica indicata nel mittente della spedizione della scatola contenente la droga, si presente con il nome dell’ignaro destinatario del pacco (gli accertamenti della polizia hanno escluso fosse coinvolto nel traffico, ipotizzando fosse solo un “prestanome” inconsapevole): “Sono (…). Mi hanno mandato un pacchetto che sarebbe dovuto arrivare oggi, ma io vedo il tracking del lunedì e non dice niente”.
L’operatore replica: “Era in Italia a Lonate Pozzolo, ma effetivamente da domenica non c’è lettura. Qui non si vede altro, nessuna segnalazione sul perché non è arrivato”. DM: “Ma è già accaduto qualche volta? Come può perdersi se c’è il tracking? E’ impossibile che si perda no?”. O: “No no, perdersi no”.DM: “Può succedere che ci sia qualche ritardo a volte?”. O: “Sì, ma perdersi no, se in Italia hanno la lettura..”. DM: “Ah ok, non si perde” risponde Mannarà che appare rassicurato dalle parole del corriere e saluta: “Molte grazie. Ciao”.
Le altre intercettazioni “chiave” sono quelle provenienti dall’auto di Ribaj, una Fiat 500. In alcune di queste, in particolare in una del 5 maggio, l’albanese parla con Mannarà e, secondo gli agenti della Mobile, si lamenta per una partita di droga (“macchina”) ricevuta dall’italiano che “non era il massimo”. Osservazioni alle quali il primo replica dicendo: “Quella roba piaceva” e l’altro ribatte dicendo che era “fatta e rifatta” e che di solito “la preparava meglio”. Affermazioni che, a giudizio degli inquirenti, sono un chiaro riferimento all’attività di spaccio di stupefacente.