Cronaca

Abusi a La Mimosa di Celle, Casareto risponde al gip: “Solo gesti d’affetto familiari, senza alcuna malizia”

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Celle Ligure. Gesti d’affetto, sì, ma di natura “familiare”: questa la tesi difensiva di Massimiliano Casareto, il 45enne responsabile della casa-famiglia “La Mimosa” di Celle arrestato venerdì con l’accusa di aver compiuto, dal 2001 al 2009, di aver compiuto atti sessuali su tre minori a lui affidati.

“Nessun episodio connotato di malizia”. Ha risposto così questa mattina Casareto, assistito dal proprio legale Mario Scopesi, alle domande del gip Emilio Fois, durato quasi due ore. Il 45enne ha quindi deciso di collaborare, spiegando nel dettaglio ciò che avveniva all’interno della casa famiglia, e rigettando ogni accusa di violenza.

Secondo Casareto sarebbero veri i racconti di gesti affettuosi da parte sua nei confronti dei ragazzi, ma il tenore sarebbe stato quello di un “normale” contesto familiare: abbracci e baci sulle guance, dunque, ma sempre negli ambienti comuni della casa ed in presenza di altre persone. Nessun mistero, e soprattutto nessun bacio sulla bocca né palpeggiamenti.

Casareto è anche accusato di essersi fatto massaggiare da alcuni ragazzi o di essere entrato di notte nelle loro camere. L’indagato anche in questo caso ha confermato i gesti in sé stessi, ma li ha spogliati di qualsiasi malizia: i massaggi (richiesti per via di alcuni dolori alla schiena) avvenivano in cucina, con lui vestito e seduto su una sedia, sempre in presenza di terzi. Mentre le visite in camera da letto avvenivano in caso di disagio da parte di qualche ragazzo, magari dopo un litigio: Casareto entrava nelle loro stanze per sedersi al bordo del letto e parlare col minore o farlo ragionare, come farebbe un padre col proprio figlio.

Casareto ha poi negato di aver obbligato i ragazzi a chiamarlo papà: si sarebbe limitato a non impedire loro di farlo se qualcuno dei minori ne avvertiva il desiderio o la necessità (ad esempio davanti a professori o compagni di classe, per esibire un contesto familiare più “tradizionale”).

Totalmente falso invece, secondo la difesa, l’episodio della telecamera in bagno (che infatti non è stata trovata durante le indagini): tutto sarebbe nato da un racconto di un ragazzo che avrebbe riferito a Casareto di “aver visto il bagno nella propria tv” collegata alla Playstation in camera sua (e non nell’ufficio dell’indagato come sostenuto dai denuncianti). Casareto avrebbe provveduto all’epoca alle verifiche del caso, senza trovare nulla di anomalo né nella televisione o nei cablaggi, né in bagno, e l’episodio si era chiuso sul nascere.

Un episodio che quindi, secondo la tesi difensiva, i tre ragazzi autori della denuncia, avrebbero rivangato senza conoscere, trasformandolo in un’accusa nei confronti del 45enne. Riguardo alle motivazioni, una possibile chiave di lettura da parte della difesa è che in particolare uno di loro (che aveva scelto spontaneamente a 18 anni di fermarsi nella casa famiglia fino ai 21, imparando da Casareto l’attività di istruttore di cani e dedicandosi poi a quella professionalmente) abbia deciso di travisare le situazioni viste e vissute a La Mimosa per via di attriti sopraggiunti con lo stesso Casareto proprio nell’ambito lavorativo.

Al termine dell’interrogatorio l’avvocato ha riferito che sarebbero diversi gli ex residenti della casa famiglia che avrebbero manifestato la loro solidarietà nei confronti di Casareto e si sarebbero dichiarati disponibili a testimoniare in suo favore. Nel frattempo il legale ha chiesto la revoca della misura di custodia cautelare, e in subordine l’attenuazione: il gip Fois si è riservato di decidere nei prossimi giorni.

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