Savona. “Siamo un gruppo di infermieri che lavorano presso l’Asl 2 savonese. Non ne siamo fieri, ma rimarremo anonimi in quanto viviamo in tempi in cui il solo esprimere un giudizio sul proprio ambito lavorativo può comportare licenziamenti o sanzioni”, inizia così la lettera di alcuni infermieri dell’Asl 2 savonese, che intervengono in merito alla discussa questione della “reperibilità obbligatoria” – confermata nell’ultimo faccia a faccia dall’azienda – e che sta suscitando l’ira di sindacati e lavoratori che non accettano di essere sottoposti a turni snervanti e a una continua disponibilità di copertura turni, a fronte anche di una considerevole mancanza di personale.
“Scriviamo – si legge – per denunciare una situazione di profondo disagio lavorativo causata, a nostro parere, da un sempre maggiore strapotere di chi si occupa della gestione del personale del comparto sanitario. Lo scorso 28 febbraio c’è stata la chiusura del bando di mobilità interno all’ospedale. Tale bando avrebbe dovuto comportare l’ascolto delle esigenze del personale infermieristico e la presa d’atto della dirigenza di quanti dipendenti vorrebbero cambiare luogo di lavoro. Chiedere il cambio di Unità Operativa, spesso, non esprime solo il desiderio di ‘lavorare un po’ meno’, ma piuttosto esprime l’analisi e l’autocoscienza di un professionista che si rende conto di non essere più in grado di ‘dare’ in termini di empatia, efficienza ed efficacia professionali”.
“Il nostro – proseguono gli infermieri Asl 2 che vogliono rimanere anonimi – è un lavoro profondamente usurante in cui ci troviamo ad essere il cuscinetto di ammortizzazione nei rapporti tra pazienti, medici e parenti; inoltre viviamo in un tempo in cui si allontana sempre più l’idea di malattia e di morte ed essere infermieri significa fare sempre da cerniera in situazioni estremamente difficili da accettare. Per non parlare poi delle circostanze in cui ci ritroviamo ad essere meri testimoni impotenti della medicina difensiva (i costi della medicina difensiva sono stimati annualmente in 10 miliardi di euro, pari cioè allo 0,75% del Pil e al 9% del finanziamento destinato alla sanità pubblica)”.
“Pertanto riteniamo che chiedere di essere spostati di reparto sia un grido d’allarme da non ignorare e riteniamo che, aldilà di quanto può fare nella gestione dei suoi dipendenti, sarebbe opportuno che l’azienda rivedesse quanto vuole fare per i suoi dipendenti. La soddisfazione lavorativa vuol dire maggiore resa, riduzione malattie e incremento della qualità dei servizi al pubblico. Riteniamo inoltre che sia il bando di mobilità a creare disponibilità di freschi posti di lavoro. Di diverso avviso è l’Ufficio Organizzazione e Gestione del personale che utilizzerà la mobilità solo per coprire i ‘buchi’ da eventuali pensionamenti creando mini graduatorie del momento non verificabili né contestabili, giacché non produrrà una graduatoria generale (anche se di fatto continuano ad esserci trasferimenti di cui ignoriamo motivazione e utilità, dato che non vanno a coprire posti resi vacanti da pensionamenti…”
“Lo stesso Ufficio – continuano – che ha dichiarato di voler sospendere la vigente graduatoria per i coordinatori infermieristici (in prossima scadenza) senza procrastinarla come di prassi (c’è una graduatoria per il 118 in vigore da 6 anni!) sebbene ci siano parecchi coordinatori vicini al pensionamento, spendendo soldi pubblici per un nuovo concorso e sprecando energie nella compilazione di una nuova graduatoria che ci immaginiamo verrebbe stilata per i coordinatori. Ci chiediamo se per caso le persone immediatamente successive nella graduatoria (dichiarata scaduta) siano poco gradite alla dirigenza del personale sanitario non medico o se ancora una volta venga fatto a vantaggio di qualcuno. E ci chiediamo come mai una buona parte dei dirigenti dell’Ufficio abbia parenti in posti di lavoro oggettivamente invidiabili e quale sia l’iter seguito dall’azienda per l’assunzione degli stessi.
In questi anni c’è stata una gestione scellerata nell’assegnazione dei posti a minor carico lavorativo (ambulatori, territorio, day hospital) spesso occupati non tanto da persone che necessitano tutela per problemi di patologie (spesso correlabili alla professione), ma piuttosto per i soliti italianissimi calcoli clientelari”.
“Questo ha fatto sì che il personale affetto da patologie croniche certificate sia bloccato in posti di lavoro non idonei senza poter essere ricollocata. Ci chiediamo come sia possibile, oltre all’incremento stipendiale peraltro previsto per legge, che a ciascuno dei 3 nostri dirigenti ospedalieri sia stato riconosciuto un premio in denaro a fronte di un risparmio ottenuto su una gestione positiva al di fuori che, opportunamente celato, sta però acquisendo sempre più il carattere di implosione al suo interno. Assecondare sempre e solo le esigenze di una categoria professionale e, soprattutto, farlo a spese di altre categorie ugualmente fondamentali per una ottimale qualità dei servizi resi, sta portando il sistema al collasso. Esempio principe la recentissima proposta, per ovviare all’assottigliamento del personale nei reparti, di utilizzare un sistema di reperibilità obbligatorie (perché non previste dal Ccnl) utilizzato non più per effettuare trasporti urgenti o affrontare situazioni emergenti ma per ovviare all’assenza del personale in Unità operative al di fuori dell’Area critica (lasciando peraltro all’improvvisazione la gestione degli eventuali trasporti di pazienti afferenti a quest’ultima). Motivazione data dall’azienda: la Regione non da deroghe per assumere personale. Però perché altre Asl le hanno ottenute? Forse non guardano solo al risparmio e allo sfruttamento del personale già in organico?” si chiedono ancora.
“Vien da sé chiedersi se gli obiettivi di gestione aziendale non siano più rivolti alla sicurezza e alla salute degli utenti ma mirati ad ottenere premi in denaro dati da un eventuale risparmio sulle risorse umane non impiegate o diversamente impiegate, per giungere ai quali vengono ignorati un sempre più forte malcontento del personale infermieristico e la relativa perdita di qualità nell’erogazione di un servizio che dovrebbe tutelare un bene costituzionalmente garantito: il bene salute”, conclude il gruppo di infermieri dell’Asl 2.