Cronaca

L’arresto di Scajola “figlio” dell’inchiesta nella quale era stato indagato Belsito

Claudio Scajola

Liguria. Passano le ore ed emergono sempre più dettagli intorno all’arresto di Claudio Scajola. L’inchiesta che ha portato all’arresto dell’ex ministro, infatti, rappresenta un troncone di una indagine molto più ampia coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, denominata “Breakfast”.

L’indagine, nell’aprile del 2012, ha portato i magistrati reggini ad indagare l’allora tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito ed altre persone. Indagando sui reinvestimenti di capitali illeciti movimentati dalla ‘ndrangheta in Italia e all’estero, gli investigatori della Dia di Reggio Calabria, coordinati dal pm Giuseppe Lombardo, eseguirono una serie di perquisizioni a carico di varie persone.

Tra queste l’imprenditore veneto Stefano Bonet, il procacciatore di affari Romolo Girardelli, detto ‘l’ammiraglio’ e ritenuto dagli investigatori vicino alla ‘ndrangheta, e il consulente Bruno Mafrici, di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) ma residente a Milano. L’indagine è ancora in corso.

L’ipotesi formulata dagli inquirenti è che Belsito abbia chiesto il supporto di una società fiduciaria con sede a Lugano per la predisposizione di strutture societarie attraverso le quali giustificare il trasferimento all’estero di denaro tenuto in Italia.

Gli inquirenti sono anche a caccia di un conto cifrato in Svizzera che potrebbe essere stato messo a disposizione degli emissari milanesi della famiglia di ‘ndrangheta dei De Stefano di Reggio Calabria per riciclare il denaro. L’inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria ipotizza che tra i fondi neri della Lega finiti all’estero vi possa essere anche il denaro frutto degli affari illeciti della cosca De Stefano, fatto confluire nella massa di denaro gestita da Belsito allo scopo di riciclarlo e ripulirlo per nuovi investimenti.

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