Finale, alla Festa dell’Inquietudine rassegna di vini rari

vini rari

Finale lLigure. Da venerdì 15 maggio a Finalborgo, in occasione della Festa dell’Inquietudine, si terrà la seconda edizione della rassegna dedicata ai vini provenienti da vitigni rari e poco consueti provenienti da tutta Italia.

L’evento è organizzato dalla Camera di Commercio di Savona in collaborazione con Onav, Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino, il Comune di Finale Ligure su un’idea del Circolo degli Inquieti.

Per tre giornate il pubblico potrà degustare vini rari presso il banco d’assaggio dell’Onav e alcune varietà di vini presentati direttamente dalle aziende produttrici presenti presso la location Cà di Ni’. La manifestazione è allestita tra le sale ed il giardino della torre ed il pubblico potrà sorseggiare i vini nella tranquillità della location sede dell’evento.

“L’Onav, come ogni volta che si tratta di giudicare il vino, è sempre in prima fila – spiega il professor Giorgio Calabrese – e questa volta ha rivolto il proprio arbitrato ad una sezione tanto piccola quanto importante per l’enologia del nostro Paese e per il palato dei nostri consumatori. Si tratta per lo più di vini prodotti in quantità molto ridotte ottenuti da vitigni autoctoni rari che in passato hanno rischiato l’estinzione e che oggi, alla luce delle moderne tecniche di produzione, offrono risultati di buono e ottimo livello. La curiosità dei consumatori, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, crea per questi vini nuove prospettive di mercato. Da non dimenticare che molti di questi sono stati abbandonati con il tempo semplicemente per la loro scarsa produttività”.

Tra i vitigni rari in rassegna anche qualche nome curioso, come Catalanesca e Caprettone dalla Campania, Garofanata dalla Puglia, Barsaglina e Pugnitello dalla Toscana, Baratuciat e Chatus dal Piemonte, Barbarossa e Moscatello per la Liguria.

“Spesso la storia di questi vitigni è legata ad uno speciale rapporto non solo con il territorio ma anche con uomini e donne del vino che, a queste varietà, si sono dedicati recuperandole dall’abbandono, valorizzandone le qualità, promuovendole all’interno della loro produzione – continua Calabrese – I vini autoctoni hanno un ‘imprinting’ particolare: quello del proprio “terroir” e della conoscenza tecnica degli agricoltori che li accudiscono e li producono e hanno scommesso su di loro. Ci siamo accorti che moti di questi vini di poca quantità hanno tanta qualità, spesso più dei loro confratelli più blasonati: tanti antiossidanti e tanti gusti diversi che aiutano il nostro benessere e possono migliorare le proprie performances eno-gastro-nutritive”.

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