Savona. Come previsto, questa mattina, il collegio del tribunale di Savona ha conferito a due commercialisti torinesi l’incarico di eseguire una perizia contabile sul patrimonio di Pietro Fotia. L’esame peritale è stato disposto nell’ambito del procedimento di richiesta di confisca per i beni dell’imprenditore avanzata dalla Direzione Investigativa Antimafia di Roma.
Attraverso lo studio patrimoniale i due professionisti dovranno “verificare la sussistenza dei presupposti oggettivi delle misure richieste”. Un questito che, in termini meno tecnici, si traduce in un lavoro di analisi sui beni di Fotia alla fine del quale i periti dovrebbero poter dire se il patrimonio dell’imprenditore è proporzionato alla sua attività e a quanto dichiarato al Fisco. La perizia dovrà essere consegnata al tribunale entro 90 giorni, ma, tenedo conto della sospensione stiva dell’attività giudiziaria, il termine slitta alla fine di settembre. Una volta esaminato lo studio tecnico le parti si ritroveranno in aula per la discussione davanti al Collegio.
La scelta di ricorrere alla perizia era stata accolta positivamente da Fotia che aveva commentato: “Sono soddisfatto in quanto si potrà finalmente fare chiarezza e capire chi dice il vero e chi falsa la verità. Ad oggi D.I.A e Procura hanno presentato tre perizie una diversa dell’altra, mentre noi dal marzo del 2012 (data in cui siamo venuti a conoscenza di questa iniziativa) diciamo sempre le stesse cose”.
“Spero ora si faccia in fretta perché non è possibile aspettare due anni e svolgere tante udienze senza aver deciso nulla, mi sembra veramente ridicolo. Chiedo solo che si decidano una volta per tutte” aveva concluso Fotia.
Non è la prima volta che in tribunale si discute della confisca dei beni dell’imprenditore: il Riesame tuttora in corso infatti è stato disposto dalla Cassazione dopo che la Procura di Savona aveva presentato un ricorso contro il rigetto della prima misura di sicurezza patrimoniale sul complesso dei suoi beni e delle attrezzature della sua azienda.
I giudici savonesi si erano infatti già pronunciati sulla richiesta di confisca dei beni dei Fotia respingendola. Decisione contro la quale la Procura aveva appunto presentato un ricorso alla Corte di Appello di Genova, che lo aveva giudicato “inamissibile” (la competenza in questi casi infatti non spetta a loro). Facendo valere il “principio di conservazione degli atti” i giudici genovesi avevano inoltrato il ricorso ai colleghi della Cassazione, competenti in materia. Dopo averlo analizzato, la Corte suprema aveva quindi optato per far ritornare gli atti a Savona.
Una scelta dettata da motivi formali: la Cassazione infatti, non entrando nel merito della sentenza e riconoscendo la legittimità del rigetto della confisca, aveva rilevato che alcuni passaggi della sentenza non sarebbero stati motivati in maniera sufficientemente esaustiva. Di qui la scelta di far, di fatto, ripetere ex novo il Riesame sulla richiesta di applicazione della misura di sicurezza patrimoniale per Fotia davanti ad un nuovo Collegio.
La richiesta di confisca riguarda appartamenti, auto, mezzi di cantiere: un patrimonio che secondo la Dia, Fotia non sarebbe in grado di giustificare. Tesi che gli avvocati difensori dell’imprenditore (Fotia è assistito dagli avvocati Giovanni Ricco e Alain Barbera) avevano respinto giustificando punto su punto la provenienza di tutto il denaro utilizzato per l’attività e l’acquisto di immobili.